Page 38 - Nietzsche - Su verità e menzogna
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esempio,  egli  osa  paragonare  la  terra  ad  una  quercia  alata  che  sta  sospesa  nell’aria  ad  ali
     spiegate e che Zeus, dopo aver sopraffatto Kronos, ricopre con una sontuosa veste d’onore, sulla
     quale  egli  stesso  ha  ricamato  con  le  sue  mani  terre,  acque  e  fiumi.  A  fronte  di  un  siffatto

     filosofare, oscuramente allegorico e difficilmente traducibile nel visibile, Talete è un maestro
     creativo che iniziò a scrutare la natura nelle sue profondità senza fantasiosi favoleggiamenti.
     Servirsi  a  questo  scopo  della  scienza  e  di  ciò  che  è  dimostrabile,  superando  peraltro  tutto
     questo d’un balzo, come egli fece, è parimenti un segno distintivo delle menti filosofiche. La

     parola greca che designa il «saggio» deriva etimologicamente da sapio, io gusto, da sapiens,
     colui  che  gusta,  da  sisyphos,  l’uomo  con  il  più  spiccato  senso  del  gusto;  nella  coscienza
     popolare la vera arte del filosofo è infatti la capacità di osservare e riconoscere le sfumature,
     cioè  una  considerevole  capacità  di  distinguere.  Il  filosofo  non  è  accorto,  se  per  accorto  si

     intende colui che sa trattare vantaggiosamente i propri affari. Aristotele dice giustamente: «Ciò
     che sanno Talete ed Anassagora potrà dirsi inusuale, stupefacente, difficile, divino, e tuttavia
     inutile,  perché  costoro  non  si  interessavano  dei  beni  umani».  Con  questo  trascegliere  e
     discriminare l’inusuale, lo stupefacente, il difficile e il divino, la filosofia stabilisce i propri

     confini  rispetto  alla  scienza,  così  come  si  distingue  parimenti  dall’accortezza  attraverso  il
     risalto conferito a ciò che è inutile. La scienza, che è priva di una tale capacità di trascegliere,
     di un siffatto gusto raffinato, si getta piuttosto su tutto lo scibile nella cieca brama di conoscere a
     ogni costo. Il pensiero filosofico, al contrario, è sempre in viaggio verso le cose maggiormente

     degne di essere sapute, verso le conoscenze grandi e importanti. Ma il concetto di grandezza è
     mutevole, tanto nel dominio morale quanto in quello estetico: la filosofia inizia così con una
     legislazione  della  grandezza,  essa  è  legata  all’attività  di  conferire  nomi.  «Questo  è  grande»,
     dice la filosofia, e così facendo eleva l’uomo al di sopra della cieca, incontrollata brama del

     proprio  impulso  conoscitivo.  Essa  doma  questo  impulso  con  il  concetto  di  grandezza  e,
     soprattutto, con il considerare raggiungibile e raggiunta la suprema conoscenza, quella riguardo
     all’essenza e al nocciolo delle cose. Quando Talete dice: «tutto è acqua», l’uomo viene sbalzato
     fuori dal suo procedere a tastoni e strisciare come un verme nel campo delle singole scienze,

     presentisce la soluzione ultima delle cose e, con questo presentimento, supera la vile parzialità
     dei  gradi  inferiori  della  conoscenza.  Il  filosofo  cerca  di  far  risuonare  in  sé  l’armonia
     complessiva dell’universo e di esprimerla fuori di sé in concetti: pur essendo contemplativo
     come l’artista figurativo, compassionevole come l’uomo religioso, in cerca di scopi e causalità

     come  l’uomo  di  scienza,  pur  espandendosi  col  proprio  sentimento  fino  al  macrocosmo,  egli
     conserva  però  in  tutto  questo  l’assennatezza  di  considerare  freddamente  se  stesso  come  il
     riflesso del mondo, quell’assennatezza che possiede il poeta drammatico quando si trasforma in
     altri corpi, parla per bocca loro e nondimeno sa proiettare questa metamorfosi al di fuori di sé,

     in versi scritti. Ciò che per il poeta è il verso, per il filosofo è il pensiero dialettico: egli vi
     tende  per  fissare  il  proprio  incantesimo,  per  pietrificarlo.  E  come  per  il  poeta  drammatico
     parole e versi sono soltanto balbettamenti in una lingua straniera, per esprimere in essa ciò che
     egli ha vissuto e contemplato, così l’esprimere ogni profonda intuizione filosofica attraverso la

     dialettica e la riflessione scientifica sono certamente l’unico mezzo per comunicare ciò che si è
     contemplato, ma sono anche un mezzo assai misero e anzi, in fondo, una traduzione metaforica,
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