Page 33 - Nietzsche - Su verità e menzogna
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CAPITOLO II
Dopo tali considerazioni si accetterà senza problemi che io parli dei filosofi preplatonici come
di un gruppo omogeneo e pensi di dedicare questo scritto esclusivamente a loro. Con Platone ha
inizio qualcosa di completamente nuovo o, come può dirsi con pari ragione, da Platone in poi
manca ai filosofi qualcosa di essenziale se confrontati con quella repubblica dei geniali che va
da Talete a Socrate. Chi vuole esprimersi sfavorevolmente su quei più antichi maestri potrà
chiamarli unilaterali e chiamare invece i loro epigoni, con Platone in testa, multilaterali.
Sarebbe però più giusto e imparziale intendere questi ultimi come caratteri filosofici misti, e i
primi invece come tipi filosofici puri. Platone stesso è il primo grandioso carattere misto e si
rivela come tale tanto nella sua filosofia, quanto nella sua personalità. Nella sua dottrina delle
idee sono riuniti elementi socratici, pitagorici ed eraclitei: questa pertanto non è affatto un
fenomeno tipico o puro. Anche come uomo, Platone presenta una mescolanza fra i tratti di
Eraclito, regalmente chiuso in se stesso e autosufficiente, Pitagora, melanconicamente
compassionevole e legislatore, e Socrate, dialettico e indagatore dell’anima. Tutti i filosofi più
tardi sono dei caratteri misti siffatti: dove compare in loro qualcosa di unilaterale, come presso
i Cinici, non si tratta di un tipo, bensì di una caricatura. Ma molto più importante è il fatto che
essi siano fondatori di sette e che le sette da loro fondate siano, nel complesso, circoli di
opposizione alla cultura ellenica e alla sua precedente unità di stile. A modo loro essi cercano
una redenzione, ma soltanto per i singoli o, tutt’al più, per gruppi di amici e discepoli con i
quali sono in stretto rapporto. L’attività dei filosofi più antichi, sebbene questi non ne siano
consapevoli, è rivolta verso un risanamento e una purificazione totali: il potente corso della
cultura greca non deve arrestarsi, pericoli terribili devono essere rimossi dalla sua strada, il
filosofo protegge e difende la sua patria. Da Platone in avanti il filosofo è invece in esilio e
cospira ormai contro la sua madrepatria. È una vera disgrazia che ci sia rimasto così poco di
quei più antichi maestri di filosofia e che siamo stati privati di ogni loro scritto integrale. A
causa di questa perdita noi involontariamente li giudichiamo secondo falsi criteri e ci lasciamo
influenzare dal fatto, puramente casuale, che a Platone e Aristotele non siano mai mancati gli
estimatori e i copisti, per giudicare sfavorevolmente i filosofi precedenti. Molti credono
nell’esistenza di una vera e propria provvidenza per quanto concerne i libri, un fatum
libellorum: ma questo doveva essere in ogni caso assai malvagio se ritenne opportuno sottrarci
Eraclito, il meraviglioso poema di Empedocle, gli scritti di Democrito – equiparati dagli antichi
a Platone e a lui superiori in schiettezza – mettendoci in mano, in cambio, Stoici, Epicurei e