Page 37 - Nietzsche - Su verità e menzogna
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tal caso, nessun dio lo aiuta ad attraversare il torrente. Cos’è dunque che permette al pensiero
     filosofico di raggiungere la sua meta tanto rapidamente? Esso si differenzia forse dal pensiero
     che calcola e misura unicamente per il fatto di sorvolare più rapidamente grandi spazi? No,

     bensì per la ragione che il suo piede è spinto da una forza estranea, illogica: la fantasia. Spinto
     da questa forza, il pensiero filosofico procede saltando di possibilità in possibilità, le quali
     vengono  assunte  provvisoriamente  come  certezze;  nel  suo  volo  egli  coglie  qua  e  là  persino
     certezze. È un presentimento geniale a mostrargliele: esso indovina da lontano che, in un certo

     punto,  si  trovano  delle  certezze  dimostrabili.  Ma  la  forza  della  fantasia  è  particolarmente
     potente nel cogliere e mettere in luce fulmineamente le somiglianze: in seguito la riflessione fa
     intervenire i suoi parametri e modelli, cerca di sostituire le somiglianze con eguaglianze e le
     contiguità con rapporti causali. Ma persino quando ciò non è possibile, quindi persino nel caso

     di Talete, il filosofare indimostrabile conserva comunque un valore. Se anche tutti gli appoggi
     sono spezzati, se la logica e la rigidezza dell’empirismo vogliono giungere alla proposizione
     «tutto è acqua», rimane pur sempre qualcosa dopo che l’edificio scientifico è andato in pezzi. E,
     precisamente in questo resto, si trova una forza propulsiva e come la speranza in una fertilità

     futura.
       Naturalmente non intendo dire che questo pensiero, circoscritto o indebolito in qualche modo,
     o sotto forma di allegoria, mantenga tuttavia una sua «verità», un po’ come si immagina che
     accada all’artista figurativo davanti a una cascata, il quale vede nelle forme che gli balzano

     innanzi un gioco d’acqua dove vengono artisticamente modellati corpi di uomini e di animali,
     maschere, piante, rocce, ninfe, grifoni e, in generale, tutti i tipi esistenti, così che per lui risulta
     confermata la proposizione: «tutto è acqua». Il valore del pensiero di Talete – anche dopo la
     scoperta della sua indimostrabilità – risiede piuttosto proprio nel fatto che esso è inteso in senso

     non  mitico  e  non  allegorico.  I  Greci,  tra  i  quali  Talete  venne  improvvisamente  ad  assumere
     grande  rilievo,  erano  difatti  l’opposto  di  tutti  i  realisti,  nella  misura  in  cui  credevano
     propriamente soltanto nella realtà di uomini e dei e, in un certo qual modo, consideravano la
     natura  intera  nient’altro  che  travestimento,  mascherata  e  metamorfosi  di  questi  uomini-dei.

     L’uomo era per loro la verità e il centro di tutte le cose: tutto il resto era soltanto apparenza e
     gioco ingannevole. Appunto per questo riusciva loro incredibilmente difficile cogliere i concetti
     come  concetti:  all’opposto  di  quanto  avviene  presso  i  moderni,  dove  anche  l’elemento  più
     personale viene sublimato in astrazioni, presso di loro l’elemento più astratto rifluiva sempre di

     nuovo in una persona. Ma Talete diceva: «Non già l’uomo, bensì l’acqua è la realtà delle cose».
     Egli cominciò a credere nella natura, quantomeno per il fatto che credeva nell’acqua. Quale
     matematico ed astronomo, egli era freddo nei confronti di ogni spiegazione mitica e allegorica.
     Sebbene non gli riuscì di disincantarsi tanto da giungere all’astrazione pura: «tutto è uno» e si

     fermò ad un’espressione fisica, Talete rappresentò tuttavia una sconcertante rarità fra i Greci del
     suo tempo. Gli Orfici, estremamente singolari, possedevano in un grado forse persino maggiore
     del suo la capacità di cogliere astrazioni e di pensare in modo non plastico: solo che a loro
     riuscì di esprimere tali astrazioni unicamente in forma di allegoria. Anche Ferecide di Siro,

     contemporaneo  di  Talete  e  a  lui  affine  per  alcune  concezioni  fisiche,  nell’espressione  delle
     stesse  scivola  in  quella  regione  intermedia  dove  il  mito  si  sposa  con  l’allegoria.  Così,  ad
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