Page 206 - Nietzsche - L'apolide dell'esistenza
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Fu a Nietzsche che venne l’idea della fotografia. Vole-
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                   va che lui e Rée fossero immortalati aggiogati a un cales-             sparenti: «Anch’io adesso ho la mia aurora intorno a me
                   se alla cui guida ci fosse Lou. Alla ragazza l’idea piac-              sembra ora possibile, come l’aurora dorata sull’orizzonte
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                   que, le parve un bel gioco e a nulla valsero le resistenze             di tutta la mia vita futura» . Poiché sapeva che nel suo
                   di Rée. Pensò a tutto Nietzsche. Conosceva a Lucerna                   viaggio verso Amburgo Lou si sarebbe fermata a Basilea
                   Jules Bonnet, uno dei migliori fotografi svizzeri, e «pre-             per conoscere gli Overbeck, scrisse una lettera a Ida per
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                   so  da  un  insolito  entusiasmo» ,  come  racconta  la  Sa-           pregarla di metterci del buono. Poi il 16 giugno, pensan-
                   lomé, fu lui a organizzare tutti i particolari della messa             do che Lou fosse di passaggio a Berlino, vi si fiondò, ma
                   in scena: calesse, redini e frustino ornato da un ramo di              la mancò o perché lei fece in modo di non farsi trovare
                   lillà,  nonostante  il  fotografo  fosse  piuttosto  perplesso         (stava flirtando col giovane Heinrich von Stein) o per-
                   davanti  a  questo  monumento  al  kitsch.  E  così  venne             ché era già ripartita.
                   fuori la fotografia diventata famosissima: i due filosofi in             A Berlino dovette constatare, amaramente, che a cau-
                   piedi  davanti  al  calesse,  con  l’aria  un  po’  imbecille,  e      sa della sua vista non era più in grado di orientarsi in
                   Lou  seduta  dietro  nell’atto  di  agitare  il  frustino.  Paul       una grande città poco conosciuta. Lo scrisse a Lou: «Il
                   Rée si vergognò per tutta la vita di quella foto, la Salomé            mio viaggio mi ha nuovamente illuminato sulla mia in-
                   anche,  nella  misura  in  cui  una  come  lei  poteva  vergo-         dicibile goffaggine non appena sento intorno a me per-
                   gnarsi  di  qualcosa,  Nietzsche  no.  Quell’immagine  nel             sone  e  luoghi  nuovi:  io  credo  che  i  ciechi,  rispetto  ai
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                   suo ingenuo ed esplicito simbolismo diceva la verità: sul              semiciechi, siano più sicuri di sé» . Già da tempo viag-
                   masochismo di Nietzsche e Rée e sulla crudeltà inconsa-                giare  aveva  perso  per  lui  qualsiasi  significato.  A  Irene
                   pevole e spensierata di Lou.                                           von Seydlitz, un’altra che gli piaceva, anche se era spo-
                      La poco allegra brigata si sciolse nuovamente. Le due               sata o forse proprio per quello, e che gli aveva regalato
                   donne si diressero verso Zurigo e Amburgo, dove aveva-                 del sapone da viaggio, aveva confidato cinque anni pri-
                   no dei parenti e degli amici, Rée tornò a Stibbe perché                ma: «Me lo sono sempre portato dietro, ha visto tutto
                   la  madre  lo  reclamava.  Nietzsche  andò  a  Naumburg,               ciò che ho visto io (è vero che non vedo granché quando
                   aveva infatti da ricopiare il manoscritto della Gaia scien-            viaggio,  ma  più  o  meno  quello  che  vede  una  saponet-
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                   za che era finito e pronto per la stampa. Poiché questa                ta)» .
                   volta il fedele Gast non c’era dovette arrangiarsi ingag-                Dov’era  finita  Lou?  Era  a  Stibbe,  nella  tenuta  dei
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                   giando «un vecchio commerciante fallito e asino» . La                  Rée. A Lucerna i rapporti fra i due si erano ulteriormen-
                   cosa era piuttosto macchinosa: Elisabeth leggeva il ma-                te stretti ed erano passati al “tu”. Adesso Rée le scriveva
                   noscritto a voce alta e dettava allo scrivano, Nietzsche               delle  lettere  appassionate  in  cui  la  chiamava  «la  mia
                   ascoltava  e  correggeva  al  volo.  Ma  fra  che  il  commer-         adorata  chiocciolina»  e  si  firmava  «il  tuo  Tu»,  «il  tuo
                   ciante  fosse  mezzo  sordo  ed  Elisabeth  non  sempre  in            fratellino» e anche, poco più avanti, «la tua cacchina».
                   grado di interpretare gli scarabocchi del fratello, il lavo-           Quando infatti lui le aveva scritto: «Sono stufo di non
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                   ro procedette molto faticosamente e a rilento. La Gaia                 avere  un  nome.  Devi  darmene  uno» ,  lei  glielo  aveva
                   scienza,  con  le  bozze  corrette  come  sempre  da  Gast,            dato: «Cacchina».
                   sarebbe uscita il 20 agosto del 1882.                                    Facendo un pressing furioso su sua madre e su quella
                      Da  Naumburg  Nietzsche  scriveva  a  Lou  lettere  tra-            di Lou, Rée era riuscito a convincerle a mandare la ra-




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