Page 17 - Nietzsche - L'apolide dell'esistenza
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quando ascolta il  Boccaccio, piange quando legge Umi-
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                   liati e offesi. Piange con Meta von Salis, piange con Paul             Non scelse il suo destino, non lo determinò, vi si piegò.
                   Deussen. Piange sempre. Su se stesso. Ed è piangendo                   fine,  di  tutto  ciò  che  può  confortare  e  consolare  un
                   che, alla vista di un cavallo maltrattato dal suo padrone,             uomo,  con  una  incredibile  capacità  di  accettazione,  di
                   lo abbraccia, in un evidente processo di identificazione,              rinuncia, di sofferenza, senza opporre resistenza.
                   ed entra definitivamente nella follia.
                      Il pensatore che celebrò la guerra, quando gliene toc-
                   cò una, brevissima, vissuta da infermiere, si fece venire
                   subito la dissenteria.                                                   1  L.  Andreas-Salomé,  Vita  di  Nietzsche,  Editori  Riuniti  1998,
                      Il “transvalutatore di tutti i valori”, il dissacratore, il         pp. 55-56.
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                   trasgressore “par excellence”, non violò mai nemmeno                     3  F. Nietzsche, Ecce homo, cit., p. 375.
                                                                                              Id.,  Il crepuscolo degli idoli, Adelphi 1970, p. 79.
                   un regolamento municipale. Il critico feroce della bor-
                   ghesia tenne sempre, anche quando aveva ormai perso
                   quasi  ogni  contatto  col  proprio  ambiente,  al  decoro
                   borghese. Il “decisionista” era un inveterato cacadubbi
                   che si fece sempre governare dagli avvenimenti e non li
                   dominò mai. Lo spregiatore delle femmine fu debolissi-
                   mo con le donne.
                      Colui che prese partito contro tutto ciò che è «mala-
                   to, malriuscito, sofferente-di-sé» fu malato, malriuscito,
                   sofferente di sé. Esaltò gli istinti e visse solo col cervello.
                   Esaltò il sesso e fu asessuato. Esaltò il corpo e non ebbe
                   corpo. Esaltò la vita e non ebbe vita.
                      In fondo per sapere chi fosse l’uomo Nietzsche baste-
                   rebbe leggere in controluce la sua opera: è tutto il con-
                   trario di ciò che scrive, di quello che vorrebbe essere e
                   non è. Ma proprio qui, in queste contraddizioni estre-
                   me,  di  cui  Nietzsche  è  perfettamente  consapevole,  co-
                   m’è conscio del fatto che possono costituire una risorsa
                   («Si è fecondi soltanto al prezzo di essere ricchi di con-
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                   trasti» ), sta l’origine della sua grandezza di critico, di
                   psicologo, di filosofo, di sensibilissimo sismografo della
                   crisi.  È  dalle  sue  profonde  fragilità  e  debolezze  che
                   Nietzsche trae il materiale per le proprie analisi e riesce
                   a dare a un’esperienza personalissima significati e valori
                   universali.
                      In una cosa però Nietzsche fu nicciano: nell’amor fati.




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