Page 10 - Nietzsche - L'apolide dell'esistenza
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una specie di non volute e inavvertite mémoires». F. Nietzsche, Al di
 là del bene e del male, Adelphi 1968, p. 11.
 3  «Nella  mia  opera...  non  ho  descritto  altri  che  me  stesso».  F.
 Nietzsche, Ecce homo, Adelphi 1970, p. 274.
 4  R.J. Hollingdale,  Nietzsche. L’uomo e la sua filosofia, Ubaldini
 1966.                                 LA TOMBA
 5  H. Althaus, Nietzsche. Una tragedia borghese, Laterza 1994.  (Cominciando dalla fine)
 6  K.P. Janz, Vita di Nietzsche, 3 voll., Laterza 1980-82.
 7  R.  Blunck,  Friedrich  Nietzsche.  Kindheit  und  Jugend,  Ernst
 Reinhardt 1953.
 8  C’è  anche  chi,  come  il  filosofo  Manlio  Sgalambro,  ha  voluto
 vedere  in  Nietzsche  una  sorta  di  padre  della  musica  leggera.  R.
 Polese, Nietzsche con Vasco?, in «Sette», 30/8/2001.
 9  Per queste opere vedi Bibliografia.
 10  Lettera a Carl Fuchs, 29/7/1888, in A. Verrecchia, La catastrofe  Quando agli inizi degli anni Settanta feci il mio pri-
 di Nietzsche a Torino, Einaudi 1978, p. 93.  mo pellegrinaggio sulle tracce di Friedrich Nietzsche, la
 11  F. Nietzsche, Ecce homo, cit., p. 268.  Germania  era  ancora  divisa  e  la  Sassonia,  dove  era
 12  Ibid., p. 375.
 13  Vedi, per tutti, D. Halévy, Vita eroica di Nietzsche, Edizioni del  nato, faceva parte di quella Est. Lo sposalizio fra il co-
 Borghese 1974.    munismo  e  la  tradizionale  disciplina  tedesca  aveva  ge-
 14  Vedi, per tutti, G. Lukács, La distruzione della ragione, Einaudi  nerato un mostro: un clima di ottusità ideologica e in-
 1974, vol. , pp. 308-402 («Nietzsche come fondatore dell’irraziona-  tellettuale, di durezza, di desolazione e di cupezza che,
 lismo nel periodo imperialistico»).
 15  F.  Nietzsche,  Frammenti  postumi  1869-1874  (parte  seconda),  a  quei  livelli,  non  avevo  visto  negli  altri  Paesi  dell’Est
 Adelphi 1992, p. 313.  europeo che avevo visitato, in Ungheria, in Polonia, in
                   Bulgaria,  che  pur  erano  sotto  il  tallone  di  ferro  del-
                   l’Unione Sovietica, e neppure nella stessa Russia. Nelle
                   strade di Lipsia e di Dresda, grandi città anonime quasi
                   completamente ricostruite dopo i devastanti bombarda-
                   menti  della  guerra,  una  voce  metallica,  registrata,  che
                   fuoriusciva  da  altoparlanti  legati  ai  pali  della  luce,  im-
                   partiva  per  tutto  il  giorno  i  sacri  dettami  del  “marxi-
                   smus-leninismus”.  A  Weimar,  l’ex  capitale  della  Re-
                   pubblica,  incantevole  cittadina  distesa  nella  foresta,
                   come  tanto  piace  ai  tedeschi,  centro  culturale  dal  pre-
                   stigioso passato, una gioventù disperata e impotente si
                   abbrutiva con l’alcol.
                      Benché la cultura fosse tutt’altro che in dispregio in
                   Germania  Est,  come  del  resto  in  Russia  e  negli  altri
                   Paesi  comunisti,  anzi  le  librerie  e  i  negozi  di  musica
                   classica fossero  gli  unici  ben  forniti e costituissero,  in-
                   sieme  ai  circoli  degli  scacchi,  i  pochi  luoghi  di  ritrovo




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