Page 159 - Keplero. Una biografia scientifica
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noi  e  le  stelle,  assorbisse  parte  della  loro  luce,  ma  Keplero  la

                rigettava, e affermava che quanto vediamo delle stelle è già «al

                netto» di un ipotetico assorbimento luminoso.
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                   Come  racconta  Edward  Harrison ,  si  ha  qui  una  prima,

                lucida  enunciazione  di  quel  problema  che  in  seguito  prese  il

                nome  di  «paradosso  di  Olbers»,  dal  nome  dell’astronomo  che

                nel  1826  lo  formalizzò  in  maniera  precisa:  in  un  universo
                omogeneo  e  infinito,  ogni  linea  di  vista  va  a  posarsi  sulla

                superficie di una stella; perché allora la notte è buia? Già prima

                di Keplero, Thomas Digges si era chiesto come mai un numero

                infinito di stelle, quale lui ipotizzava brillare nella volta celeste,

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                non desse origine a una notte luminosa . Digges indicava come
                soluzione il fatto che la maggior parte delle stelle fosse troppo

                lontana  per  essere  vista.  Eppure,  come  Jean  Philippe  Loys  de

                Chesaux mise in evidenza nel 1774, la diminuzione di intensità

                della luce, dovuta alla distanza, è completamente bilanciata dal

                fatto che a maggiori distanze, ammettendo una isotropia nella

                distribuzione  degli  astri,  si  avrebbe  un  numero  maggiore  di

                stelle. Considerando quindi il volume di sfere concentriche di

                raggio crescente, l’intensità totale di luce che arriva sulla Terra
                continua a crescere. La soluzione di De Chesaux, poi condivisa

                da  Olbers,  fu  quella  di  ipotizzare  un  mezzo  assorbitore,  che

                impedisce alla luce delle stelle più lontane di arrivare a noi. La

                tesi  fu  smentita  venticinque  anni  più  tardi,  quando  John

                Herschel  dimostrò  che  un  tale  mezzo,  alla  lunga,  doveva

                irraggiare a sua volta la luce assorbita. Nel 1901, lord William

                Kelvin  osservò  che  le  stelle  hanno  una  vita  limitata,

                introducendo,  per  la  prima  volta,  il  «tempo  finito»  come

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                elemento risolutivo . Ma, ancor prima di lord Kelvin, era stato
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