Page 12 - Galileo Galilei - Sidereus nuncius ovvero Avviso Sidereo.
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mio con l’esperienza. Non so se forse quell’artefice abbia riscontrato col

                  mio  pensiero;  se  la  cosa  non  ha  acquistato  argumento,  come  suole  la
                  fama, per il viaggio.    3


                  Il 16 marzo 1610, tre giorni dopo la pubblicazione del Side reus Nuncius,
               Sarpi  scrisse  ancora  una  volta  a  proposito  del  telescopio,  questa  volta  a
               Jacques Leschassier a Parigi:


                  Come saprai, più di due anni fa fu scoperto uno strumento in Olanda con
                  cui  si  possono  vedere  oggetti  lontani,  che  altrimenti  non  sarebbero

                  visibili o si potrebbero vedere in rari momenti. Dopo questa invenzione,
                  il  nostro  Matematico  Padovano  [Galileo]  e  altri  qui,  che  non  sono
                  digiuni  di  queste  materie,  cominciarono  ad  utilizzarlo  per  osservare  il
                  cielo  e,  sotto  la  guida  dell’esperienza,  dopo  averlo  adattato  e
                  perfezionato.   4


                  Sarpi lo descrive come uno strumento lungo circa 4 piedi veneziani, con un

               oculare  concavo,  molato  sfericamente  con  un  raggio  più  piccolo  della
               larghezza di un dito, e una lente obiettivo, molata con un raggio di 6 piedi.
               Dato che il piede veneziano era 0,3477 cm, ciò significa che il telescopio era
               lungo 140 cm circa.


                  Alberto, l’arciduca d’Austria sovrano delle 10 province lealiste dei Paesi
               Bassi,  acquistò  un  telescopio  nel  marzo  del  1609.  Lo  mostrò  a  Guido
               Bentivoglio,  studente  di  Galileo  a  Padova  e  ora  nunzio  apostolico  a
               Bruxelles, che ne ordinò immediatamente uno. Il 2 Aprile 1609 fu invitato a

               Roma via mare al cardinale Sci pione Borghese, il nipote di papa Paolo V
               proprio quello che po teva essere stato mostrato agli astronomi del Collegio
               Romano,  all’epoca  la  principale università  dei  Gesuiti della cristianità.  Tra
               costoro erano compresi il bavarese Christopher Clavius – che ave va aiutato
               Galileo a ottenere il suo primo incarico all’Università di Pisa, come pure il

               suo  secondo  e  meglio  pagato  all’Università  di  Padova  –  il  tirolese
               Christopher  Grienberger,  Odo  van  Maelcolte  ori  ginario  di  Bruxelles  e
               l’italiano Paolo Lembo. In seguito, Grien ber ger scrisse a Galileo che essi
               avevano  sentito  del  telescopio  in  precedenza  e  che  Lembo  ne  aveva  già
               costruito uno proprio con cui aveva osservato “sia le irregolarità della Luna,
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               sia le stelle nelle Pleiadi, in Orione e moltissime altre”.  Ma Lembo non era
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