Page 247 - Galileo. Scienziato e umanista.
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rispose che «cosmici» non si riferiva in modo non ambiguo ai
                modesti Medici, e che l’attribuzione di una stellina a Cosimo e

                di  ognuna  delle  altre  ai  suoi  tre  fratelli  sarebbe  stata  una
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                soluzione  perfetta .  Fu  cosí  che  il  resoconto  delle  nuove
                scoperte di Galileo, stampato in tutta fretta all’inizio del marzo
                1610 con il titolo di Sidereus Nuncius, comprese la fantasiosa e

                fatidica  indicazione  delle  lune  di  Giove  come  stelle  medicee.

                «Che  […]  io  dovessi  destinare  questi  nuovi  pianeti  all’inclito
                nome dell’Altezza Vostra  a preferenza  di ogni  altro, –  scrisse

                Galileo nella dedica a Cosimo, – lo stesso artefice delle stelle
                parve  avvertirmi  con  chiari  argomenti».  Poi,  nello  stile

                adulatorio del tempo, Galileo ricordò di aver goduto per lungo
                tempo dei «raggi della sua [di Cosimo] incredibile clemenza e

                benignità  [tanto  da]  non  meditare  altro,  per  cosí  dire,  notte  e
                giorno, se non di farmi conoscere, io che non solo di animo, ma

                anche per la stessa nascita e origine, sono sotto il suo dominio,
                bramosissimo  della  gloria  dell’Altezza  Vostra,  e  verso  di  lei

                quanto  piú  posso  gratissimo?  Per  tanto,  avendo  io,  auspice
                l’Altezza Vostra Serenissima, scoperto queste stelle sconosciute

                a tutti i passati astronomi, con pieno diritto stabilii di insignirle
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                del nome Augustissimo della sua Prosapia» .
                    Questa assurdità, sebbene molto ben accolta a Firenze, non

                godette  della  medesima  accoglienza  a  Venezia.  Galileo  aveva
                ottenuto  un’ottima  promozione  conferendo  alla  Repubblica

                l’invenzione  che  aveva  fatto  sotto  i  suoi  auspici  come
                professore  a  Padova;  e  ora  sosteneva  che  le  scoperte

                astronomiche  che  aveva  fatto  con  il  medesimo  strumento,  e
                sempre a Padova, erano avvenute sotto gli auspici del granduca

                di  Toscana.  Non  solo:  presentava  le  novità  da  lui  descritte  –
                dalla brillantezza della Luna alle lune di Giove – come frutto

                esclusivo delle proprie osservazioni, interpretazioni e scoperte.
                Nell’annunciare il nuovo cielo, Galileo perse di vista l’aiuto che

                aveva  ricevuto  sulla  Terra  dai  compagni  con  cui  aveva
                compiuto  le  osservazioni:  Sarpi,  Micanzio,  da  Mula  e  anche
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