Page 186 - Galileo. Scienziato e umanista.
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Questa  accelerazione  e  questa  decelerazione  alternate
                provocano le maree perché l’acqua, incapace di tenere il passo

                con  l’accelerazione  del  proprio  fondale,  si  accumula  dove  il
                canale  rallenta  e  cala  dove  il  canale  acquista  velocità.  Poiché

                tuttavia  nella  realtà  lo  sciabordio  dipende  dalle  dimensioni,
                dalla profondità e dalla posizione dei mari, la teoria non riesce a

                predire  l’ora  delle  maree  che  si  osservano.  Alla  domanda  se

                questa decisiva e fallace teoria fosse di Sarpi o di Galileo sono
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                state  date  risposte  diverse .  A  prescindere  da  chi  ne  abbia  il
                merito,  la  teoria  contiene  un’idea  base  per  la  futura  fisica  di
                Galileo: il concetto di composizione delle velocità, la capacità

                di un qualche corpo di godere, al medesimo tempo, di due moti
                naturali differenti.



                Figura 4.2.

                La teoria delle maree di Sarpi (1595), che muove le acque attraverso una combinazione
                del moto diurno e del moto annuale della Terra.


























                    L’intuizione che le maree non abbiano nulla a che vedere con
                la Luna può aver segnato l’impegno di Galileo in favore della

                teoria copernicana. La sua idea di «moto neutrale» nel De motu

                antiquiora e la sua deduzione che una sfera di marmo centrata
                nel centro del mondo potesse ruotare indefinitamente in modo
                «naturale» avevano reso fisicamente possibile il moto diurno; la

                derivazione delle maree riportata da Sarpi sembrava ora rendere
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