Page 184 - Galileo. Scienziato e umanista.
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Il mistero cosmico che Keplero sosteneva di aver svelato era
il rompicapo del motivo per cui Dio aveva creato soltanto sei
pianeti e aveva dato loro le velocità e le distanze reciproche che
essi mostrano di avere in un universo copernicano. L’indizio per
trovare la risposta corretta venne in mente a Keplero durante
una lezione di argomento astrologico, e portò all’insolita
geometria dei solidi platonici. Esistono solo cinque di questi rari
oggetti – ognuno dei quali è costituito dai medesimi poligoni
regolari che si incontrano formando angoli solidi uguali –,
anche nel paradiso della geometria. Con uno straordinario
sforzo immaginativo Keplero si figurò questi cinque poliedri
annidati l’uno nell’altro, in modo tale che il guscio sferico
inscritto nell’uno fosse circoscritto all’altro. I cinque solidi
definivano cosí sei gusci sferici, a ognuno dei quali Keplero
assegnava un pianeta: Saturno orbitava sul guscio circoscritto al
cubo, Giove in quello inscritto al cubo, e cosí via.
Keplero scelse l’ordine dei solidi in modo da ottenere
l’incastro migliore. Una volta stabilita, la sequenza fissava i
valori relativi delle distanze medie dei pianeti dal Sole, senza
spazio di manovra per il matematico. Per determinare lo
spessore di ciascun guscio, che rappresentava la differenza fra la
distanza minima e la distanza massima del pianeta dal Sole,
Keplero fece ricorso all’osservazione e lasciò la loro
derivazione da principî fondamentali a un’altra occasione.
Eppure aveva visto il cuore del mistero cosmico: «Non potrei
mai essere in grado di esprimere a parole la gioia che questa
scoperta mi diede. Non mi dispiaceva piú per il tempo perduto;
non provavo piú disgusto per la fatica; non mi sottraevo piú ai
calcoli piú laboriosi, e spesi giorni e notti a fare calcoli, fino a
quando potei vedere se la mia opinione […] si accordava con le
orbite di Copernico o se la mia gioia sarebbe svanita nel
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vento» .
Keplero dovette sentirsi deluso quando Galileo non fece
cenno alla grande scoperta degli spazi platonici quando indicò