Page 45 - Galileo Galilei - Lettere copernicane. Sentenza e abiura
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Illustrissimo e Reverendissimo Signore,
cui devo la massima deferenza,
risponderò in breve alla cortesissima lettera di Vostra
Signoria Illustrissima e Reverendissima, non potendo fare
diversamente a causa del mio cattivo stato di salute.
Circa il primo punto che avete toccato, cioè che per meglio
orientare la decisione relativa all’opera di Copernico sarebbe
opportuno introdurvi qualche postilla, in cui si dica che si tratta
di ipotesi atte a spiegare i fenomeni celesti (come si è fatto
ipotizzando gli eccentrici o gli epicicli per spiegare l’irregolarità
dei movimenti apparenti dei pianeti), senza per questo porle
come realtà, rispondo, rimettendomi sempre a chi ne sa più di
me e solo per lo scrupolo che ciò che si deve fare debba esser
fatto con il massimo della cautela possibile, che per salvare le
impressioni dei sensi lo stesso Copernico si era già a suo tempo
dato ampiamente da fare, per accontentare quei cultori
dell’astrologia che si rifacevano ai principi del sistema
tolemaico. Egli, entrando poi nel campo della filosofia ed
essendosi risposto, dopo essersi domandato se una tale visione
dell’universo potesse corrispondere alla natura, che non era
così, sembrandogli d’altra parte che valesse la pena di indagare
su come stanno realmente le cose, si mise a studiare la sua vera
costituzione. Riteneva infatti che se una rappresentazione
immaginaria non corrispondente alla realtà poteva soddisfare le
apparenze, molto più si sarebbe ottenuto dalla rappresentazione
vera e reale, e contemporaneamente la filosofia ne avrebbe
avuto un vantaggio prezioso, potendo disporre della conoscenza
della struttura reale dell’universo. Così, già ampiamente fornito,
per le osservazioni e gli studi condotti in lunghi anni, di una
grande quantità di nozioni specifiche relative agli astri, senza la
scrupolosa comprensione e registrazione delle quali è
impossibile arrivare a definire la costituzione del mondo, con
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