Page 40 - Galileo Galilei - Lettere copernicane. Sentenza e abiura
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tacendo che è in circolazione già da settant’anni. Continuano ad
                agire  in  questo  modo  anche  con  altri,  al  fine  di  imprimere  in

                loro un’immagine negativa della mia persona: così è accaduto
                per esempio che, essendo pochi giorni fa arrivato qui a Firenze

                per  compiervi  le  sue  prime  visite  pastorali  solenni  Monsignor
                Baccio  Gherardini,  vescovo  di  Fiesole,  alcuni  miei  amici  che
                erano  presenti  lo  sentirono  prorompere  in  una  veementissima

                invettiva contro di me, decisamente alterato, e dichiarare che si
                sarebbe  fatto  autorevolmente  sentire  con  Loro  Altezze

                Serenissime,  perché  i  miei  falsi  e  stravaganti  convincimenti
                davano molto da dire a Roma. Forse a quest’ora avrà già dato
                esecuzione al suo proposito, a meno che non l’abbia distolto il

                fatto  di  essere  stato  opportunamente  avvertito  che  l’autore  di
                tale dottrina non è un fiorentino ancora in vita, ma un polacco di

                famiglia  tedesca  morto  da  tempo,  che  la  rese  pubblica
                settant’anni fa, dedicando la sua opera al Sommo Pontefice.

                      Mentre  scrivo  mi  rendo  conto  che  sto  parlando  a  una
                persona ampiamente informata su quanto sta accadendo, forse

                ancora più di me, poiché si trova nel luogo dove si fa maggior
                chiasso.  Scusatemi  la  prolissità  e,  se  trovate  che  nella

                persecuzione  contro  di  me  non  c’è  alcuna  giustizia,  datemi  il
                vostro appoggio, di cui vi sarò eternamente obbligato. Con ciò

                vi  bacio  reverentemente  le  mani,  rinnovando  la  mia  devota
                sottomissione  e  pregando  Dio  di  concedervi  il  massimo  della
                felicità.



                      Firenze, 16 febbraio 1615



                      Di Vostra Signoria Illustrissima e Reverendissima
                      l’obbligatissimo servitore



                      Galileo Galilei




                       Poscritto. Benché con grande difficoltà riesco a credere che





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