Page 37 - Galileo Galilei - Lettere copernicane. Sentenza e abiura
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Illustrissimo e Reverendissimo Signore,
cui devo la massima deferenza,
poiché so che la Signoria Vostra Illustrissima e
Reverendissima è stata tempestivamente informata delle
replicate invettive che, alcune settimane fa, sono state scagliate
dal pulpito contro la dottrina di Copernico e i suoi seguaci, e
ancor più contro i matematici e la matematica stessa, non
aggiungerò nulla sui particolari dell’episodio che avete già
appreso da altri. Tuttavia desidero vivamente che sappiate
come, benché né io né altri abbiamo fatto il minimo passo o
espresso pubblicamente risentimento per gli insulti che ci hanno
poco caritatevolmente colpiti, non per questo si sono placate le
ire furiose degli avversari; anzi, essendo rientrato da Pisa il
Padre che in quello stesso anno aveva già espresso la sua
posizione in colloqui privati, ha nuovamente colpito la mia
persona. Gli è infatti capitata tra le mani, non so come, la copia
di una lettera che l’anno scorso avevo scritto a Padre Benedetto
Castelli, lettore di matematica presso lo Studio di Pisa, a
proposito della citazione delle Scritture in discussioni di natura
scientifica e della spiegazione del noto passo di Giosuè. Ebbene,
ne fanno un gran parlare e dicono di trovarci molte eresie;
insomma, hanno aperto un nuovo fronte, pur di trovare la
maniera di colpirmi. Siccome però da ogni altra persona che ha
avuto in mano questa lettera non mi sono state sollevate
obiezioni di alcun genere per cui debba farmi degli scrupoli, mi
sorge il dubbio che chi l’ha trascritta possa avere
inavvertitamente mutato qualche parola; tali modifiche, unite
alla tendenza a un atteggiamento censorio precostituito,
potrebbero anche far apparire le cose molto diverse dalla mia
intenzione. Poiché alcuni di questi Padri, in particolare quello
della predica, sono venuti a Roma per fare, come mi pare di
capire, ulteriori passi con la copia della suddetta lettera, non mi
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