Page 139 - Galileo Galilei - Lettere copernicane. Sentenza e abiura
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Veteris  sive  Novi,  nullo  modo  esse  possit  adversum,  tamen
                propter amorem nostri erroris oderimus.

                      È  accaduto  poi  che  il  tempo  è  andato  successivamente
                scoprendo a tutti le verità prima da me additate, e con la verità

                del fatto la diversità degli animi tra quelli che schiettamente e
                senz’altro livore non ammettevano per veri tali scoprimenti, e
                quegli che all’incredulità aggiugnevano qualche affetto alterato:

                onde, sì come i più intendenti della scienza astronomica e della
                naturale  restarono  persuasi  al  mio  primo  avviso,  così  si  sono

                andati  quietando  di  grado  in  grado  gli  altri  tutti  che  non
                venivano  mantenuti  in  negativa  o  in  dubbio  da  altro  che

                dall’inaspettata novità e dal non aver avuta occasione di vederne
                sensate  esperienze;  ma  quelli  che,  oltre  all’amor  del  primo

                errore, non saprei qual altro loro immaginato interesse gli rende
                non bene affetti non tanto verso le cose quanto verso l’autore,
                quelle, non le potendo più negare, cuoprono sotto un continuo

                silenzio, e divertendo il pensiero ad altre fantasie, inacerbiti più
                che prima da quello onde gli altri si sono addolciti e quietati,

                tentano di progiudicarmi con altri modi. De’ quali io veramente
                non farei maggiore stima di quel che mi abbia fatto dell’altre

                contradizzioni, delle quali mi risi sempre, sicuro dell’esito che
                doveva avere ’l negozio, s’io non vedessi che le nuove calunnie

                e persecuzioni non terminano nella molta o poca dottrina, nella
                quale  io  scarsamente  pretendo,  ma  si  estendono  a  tentar  di
                offendermi  con  macchie  che  devono  essere  e  sono  da  me  più

                aborrite  che  la  morte,  né  devo  contentarmi  che  le  sieno
                conosciute per ingiuste da quelli solamente che conoscono me e

                loro,  ma  da  ogn’altra  persona  ancora.  Persistendo  dunque  nel
                primo  loro  instituto,  di  voler  con  ogni  immaginabil  maniera

                atterrar  me  e  le  cose  mie;  sapendo  come  io  ne’  miei  studi  di
                astronomia e di filosofia tengo, circa alla costituzione delle parti

                del  mondo,  che  il  Sole,  senza  mutar  luogo,  resti  situato  nel
                centro  delle  conversioni  de  gli  orbi  celesti,  e  che  la  Terra,
                convertibile in sé stessa, se gli muova intorno; e di più sentendo

                che  tal  posizione  vo  confermando  non  solo  col  reprovar  le



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