Page 138 - Galileo Galilei - Lettere copernicane. Sentenza e abiura
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Alla Serenissima Madama
la Granduchessa Madre
Galileo Galilei.
Io scopersi pochi anni a dietro, come ben sa l’Altezza
Vostra Serenissima, molti particolari nel cielo, stati invisibili
sino a questa età; li quali, sì per la novità, sì per alcune
conseguenze che da essi dependono, contrarianti ad alcune
proposizioni naturali comunemente ricevute dalle scuole de i
filosofi, mi eccitorno contro non piccol numero di tali
professori; quasi che io di mia mano avessi tali cose collocate in
cielo, per intorbidar la natura e le scienze. E scordatisi in certo
modo che la moltitudine de’ veri concorre all’investigazione,
accrescimento e stabilimento delle discipline, e non alla
diminuzione o destruzione, e dimostrandosi nell’istesso tempo
più affezzionati alle proprie opinioni che alle vere, scorsero a
negare e far prova d’annullare quelle novità, delle quali il senso
istesso, quando avessero voluto con attenzione riguardarle, gli
averebbe potuti render sicuri; e per questo produssero varie
cose, ed alcune scritture pubblicarono ripiene di vani discorsi, e,
quel che fu più grave errore, sparse di attestazioni delle Sacre
Scritture, tolte da luoghi non bene da loro intesi e lontano dal
proposito addotti: nel qual errore forse non sarebbono incorsi, se
avessero avvertito un utilissimo documento che ci dà S.
Agostino, intorno all’andar con riguardo nel determinar
resolutamente sopra le cose oscure e difficili ad esser comprese
per via del solo discorso; mentre, parlando pur di certa
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conclusione naturale attenente a i corpi celesti, scrive così:
Nunc autem, servata semper moderatione piæ gravitatis, nihil
credere de re obscura temere debemus, ne forte quod postea
veritas patefecerit, quamvis libris sanctis, sive Testamenti
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