Page 121 - Galileo Galilei - Lettere copernicane. Sentenza e abiura
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Molto Illustre e Reverendissimo Signor mio
Colendissimo,
Perché so che V. S. molto Illustre e Reverendissima fu
subito avvisata delle replicate invettive che furono, alcune
settimane fa, dal pulpito fatte contro la dottrina del Copernico e
suoi seguaci, e più contro i matematici e la matematica stessa,
però non gli replicherò nulla sopra questi particolari che da altri
intese: ma desidero bene che lei sappia, come, non avendo né io
né altri fatte un minimo moto o risentimento sopra gl’insulti di
che fummo non con molta carità aggravati, non però si son
quietate l’acces’ire di quelli; anzi, essendo ritornato da Pisa il
medesimo Padre che si era fatto sentire quell’anno in privati
colloquii, ha aggravato di nuovo la mano sopra di me: ed
essendogli pervenuta, non so donde, copia di una lettera ch’io
scrissi l’anno passato al Padre Mattematico di Pisa in proposito
dell’apportare le autorità sacre in dispute naturali ed in
esplicazione del luogo di Giosuè, vi vanno esclamando sopra, e
ritrovandovi, per quanto dicono, molte eresie, ed insomma si
sono aperti un nuovo campo di lacerarmi. Ma perché da ogni
altro che ha veduta detta lettera non mi è stato fatto pur minimo
segno di scrupolo, vo dubitando che forse chi l’ha trascritta
possa inavvertentemente aver mutata qualche parola; la qual
mutazione, congiunta con un poco di disposizione alle censure,
possa far apparire le cose molto diverse dalla mia intenzione. E
perché alcuni di questi Padri, ed in particolare quest’istesso che
ha parlato, se ne son venuti costà per far, come intendo, qualche
altro tentativo con la sua copia di detta mia lettera, mi è parso
non fuor di proposito mandarne una copia a V. S.
Reverendissima nel modo giusto che l’ho scritta io, pregandola
che mi favorisca di leggerla insieme col Padre Grembergiero
Gesuita, matematico insigne e mio grandissimo amico e
padrone, ed anche lasciargliela, se forse parrà opportuno a S. R.
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