Page 116 - Galileo Galilei - Lettere copernicane. Sentenza e abiura
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si tengon sicuri d’avere in mano l’assoluta verità della quistione
                che intendono di disputare, dichinmi appresso ingenuamente, se

                loro  stimano,  gran  vantaggio  aver  colui  che  in  una  disputa
                naturale  s’incontra  a  sostener  il  vero,  vantaggio,  dico,  sopra

                l’altro a chi tocca sostener il falso? So che mi risponderanno di
                sì,  e  che  quello  che  sostiene  la  parte  vera,  potrà  aver  mille
                esperienze e mille dimostrazioni necessarie per la parte sua, e

                che l’altro non può aver se non sofismi paralogismi e fallacie.
                Ma  se  loro,  contenendosi  dentro  a’  termini  naturali  né

                producendo  altr’arme  che  le  filosofiche,  sanno  d’essere  tanto
                superiori all’avversario, perché, nel venir poi al congresso, por
                subito mano a un’arme inevitabile e tremenda, che con la sola

                vista atterrisce ogni più destro ed esperto campione? Ma, s’io
                devo  dir  il  vero,  credo  che  essi  sieno  i  primi  atterriti,  e  che,

                sentendosi  inabili  a  potere  star  forti  contro  gli  assalti
                dell’avversario,  tentino  di  trovar  modo  di  non  se  lo  lasciar

                accostare. Ma perché, come ho detto pur ora, quello che ha la
                parte vera dalla sua, ha gran vantaggio, anzi grandissimo, sopra

                l’avversario,  e  perché  è  impossibile  che  due  verità  si
                contrariino, però non doviamo temer d’assalti che ci venghino
                fatti  da  chi  si  voglia,  pur  che  a  noi  ancora  sia  dato  campo  di

                parlare  e  d’essere  ascoltati  da  persone  intendenti  e  non
                soverchiamente alterate da proprie passioni e interessi.

                     In confermazione di che, vengo ora a considerare il luogo
                particolare  di  Giosuè,  per  il  qual  ella  apportò  a  loro  Altezze

                Serenissime tre dichiarazioni; e piglio la terza, che ella produsse
                come  mia,  sì  come  veramente  è,  ma  v’aggiungo  alcuna

                considerazione di più, qual non credo d’avergli detto altra volta.
                      Posto  dunque  e  conceduto  per  ora  all’avversario,  che  le

                parole  del  testo  sacro  s’abbino  a  prender  nel  senso  appunto
                ch’elle  suonano,  ciò  è  che  Iddio  a’  preghi  di  Giosuè  facesse

                fermare il Sole e prolungasse il giorno, ond’esso ne conseguì la
                vittoria;  ma  richiedendo  io  ancora,  che  la  medesima
                determinazione  vaglia  per  me,  sì  che  l’avversario  non

                presumesse  di  legar  me  e  lasciar  sé  libero  quanto  al  poter



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