Page 105 - Galileo Galilei - Lettere copernicane. Sentenza e abiura
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ritenere che gli argomenti addotti a sostegno della falsa teoria
vengano presentati in modo così efficace da farli assumere
come pertinenti piuttosto che da accantonare; scusandoti poi,
letteralmente, di essere incorso in un errore tanto lontano dalla
tua intenzione, per averlo scritto in forma di dialogo e per quella
naturale inclinazione a compiacersi delle proprie sottigliezze e
del rivelarsi più arguto del comune nel trovare, anche attraverso
false proposizioni, ingegnosi e all’apparenza non improbabili
argomenti a sostegno.
E poiché ti fu assegnato un termine utile a predisporre la tua
difesa, presentasti una dichiarazione autografa
dell’Eminentissimo Cardinale Bellarmino, da te richiesta, come
dicesti, per difenderti dalle calunnie dei tuoi nemici, che ti
accusavano di aver abiurato e di essere stato punito dal
Sant’Uffizio, nella quale si dice che non avevi abiurato e
nemmeno che ti era stata comminata una pena dal Sant’Uffizio,
ma che ti era semplicemente stata resa nota la dichiarazione
fatta da Nostro Signore e pubblicata dalla Sacra Congregazione
dell’Indice in cui si dice che la dottrina del moto della Terra e
della stabilità del Sole è contraria alle Sacre Scritture, per cui
non si può né difendere né abbracciare; e che perciò, non
facendosi nella dichiarazione alcun cenno agli altri due termini
dell’ordine a te impartito, vale a dire «insegnare» e «in
qualunque modo», si deve credere che nel corso di quattordici o
sedici anni te ne eri dimenticato e che, per questa stessa ragione,
avevi taciuto sull’ordine ricevuto quando chiedesti
l’autorizzazione a stampare il libro, aggiungendo che il tutto
non mirava a scusare l’errore bensì a farlo giudicare frutto non
di cattiva intenzione ma di vana ambizione. Tuttavia questa
dichiarazione, da te spontaneamente prodotta per difenderti, ha
ulteriormente aggravato la tua posizione perché, dicendosi in
essa che la suddetta teoria è contraria alla Sacra Scrittura, hai
comunque avuto l’ardire di parlarne, di difenderla e di cercare
di convincere sulla sua probabilità; né valgono i pretesti da te
artificiosamente e furbescamente addotti per scusare la licenza
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