Page 524 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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SALV. Voi avete molto ben ragione, e però dite i vostri dubbii.
          SIMP. Voi avete ultimamente spacciati per egualmente d’ingegno ottuso

          quelli che negano alla Terra il moto diurno, perché non si veggono da
          quello trasportare in Persia o nel Giappone, e quelli che son contrarianti

          al moto annuo per la repugnanza che sentono nel dovere ammettere che
          la  vastissima  e  gravissima  mole  del  globo  terrestre  possa  sollevarsi  in

          alto  e  quindi  calare  abasso,  come  converrebbe  che  facesse  quando
          intorno  al  Sole  con  tal  movimento  si  rigirasse:  ed  io,  non  prendendo

          rossore  d’essere  annumerato  tra  questi  sciocchi,  sento  l’istessa
          repugnanza nel mio cervello, quanto però a questo secondo punto che
          oppone al moto annuo, e massimamente mentre veggo quanta resistenza

          faccia all’esser mossa anco per piano, non dirò una montagna, ma una
          pietra che piccola parte sia d’una rupe alpestre. Però, non disprezzando

          affatto simili instanze, vi prego a risolverle, e non solo per me, quanto
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          per  altri,  a  i  quali  sembrano  concludentissime;   perché  ho  per  assai
          difficile  che  alcuno,  per  semplice  che  sia,  conosca  e  confessi  la  sua
          semplicità, mosso dal solo sentirsi reputare per tale.

          SAGR. Anzi, quanto più semplice, tanto più sarà egli impersuasibile del
          suo  difetto.  E  con  questa  occasione  vo  considerando  come  non

          solamente per sodisfare al Sig. Simplicio, ma per altro rispetto ancora,
          non meno importante, è bene risolver questa ed altre instanze di simil

          sorte; poiché si vede che non mancano uomini, nella comune filosofia ed
          in altre scienze versatissimi, che, per mancamento o dell’astronomia o
          delle matematiche o di qual altra facoltà si sia che acuisce l’ingegno alla

          penetrazion del vero, restano persuasi da discorsi tanto vani: per lo che
          mi par degna di commiserazione la condizione del povero Copernico, il

          quale non si può tener sicuro che la censura delle sue dottrine non possa
          per avventura cadere in mano di persone, che non sendo abili a restar
          capaci delle sue ragioni sottilissime e per ciò difficili ad esser comprese,

          ma ben di già persuasi da simili vane apparenze della falsità di quelle,
          per false e per erronee le vadano predicando. Per lo che, quando non si

          potessero  render  capaci  di  quelle  più  astruse,  è  bene  procurare  che
          conoscano  la  nullità  di  queste  altre,  dalla  qual  cognizione  venga

          moderato  il  giudizio  e  la  condanna  della  dottrina  che  ora  tengano  per
          erronea. Recherò dunque due altre obiezzioni, ma contro al moto diurno,

          le quali non è molto che sentii produrre da persone di gran litteratura, e
          poi verremo al moto annuo. La prima fu, che quando fusse vero che non





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