Page 228 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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massime intorno all’estremo cerchio: quanto poi alle ragioni, parmi ch’e’
          dica che non potendo ciò derivare né dalla Terra né dalle stelle né da sé

          stessa, resta necessariamente ch’e’ venga dal Sole; oltreché, fatta questa
          supposizione,  benissimo  si  rendono  accomodate  ragioni  di  tutti  i

          particulari che accascano. Imperocché del mostrarsi tal luce secondaria
          più vivace intorno all’estremo limbo, ne è cagione la brevità dello spazio

          da  esser  penetrato  da  i  raggi  del  Sole,  essendoché  delle  linee  che
          traversano un cerchio, la massima è quella che passa per il centro, e delle

          altre le più lontane da questa son sempre minori delle più vicine. Dal
          medesimo principio dice egli derivare che tal lume poco diminuisce. E
          finalmente,  per  questa  via  si  assegna  la  causa  onde  avvenga  che  quel

          cerchio  più  lucido  intorno  all’estremo  margine  della  Luna  si  scorga
          nell’eclisse solare in quella parte che sta sotto il disco del Sole, ma non

          in quella che è fuor del disco; provenendo ciò, perché i raggi del Sole
          trapassano a dirittura al nostro occhio per le parti della Luna sottoposte,
          ma per le parti che son fuori, cascano fuori dell’occhio».

          SALV. Se questo filosofo fusse stato il primo autore di tale opinione, io
          non mi maraviglierei che e’ vi fusse talmente affezionato, che e’ l’avesse

          ricevuta  per  vera;  ma  ricevendola  da  altri,  non  saprei  addur  ragione
          bastante per iscusarlo dal non aver comprese le sue fallacie, e massime

          doppo l’aver egli sentita la vera causa di tale effetto, ed aver potuto con
          mille esperienze e manifesti riscontri assicurarsi, ciò dal reflesso della

          Terra, e non da altro, procedere; e quanto questa cognizione fa desiderar
          qualche cosa nell’accorgimento di questo autore e di tutti gli altri che
          non  le  prestano  l’assenso,  tanto  il  non  l’avere  intesa  e  non  esser  loro

          sovvenuta mi rende scusabili quei più antichi, i quali son ben sicuro che
          se      adesso        l’intendessero,          senza        una       minima         repugnanza

          l’ammetterebbero.  E  se  io  vi  devo  schiettamente  dire  il  mio  concetto,
          non posso creder che quest’autor moderno internamente non la creda, ma

          dubito che il non potersen’egli fare il primo autore, lo stimoli un poco a
          tentare  di  supprimerla  o  smaccarla  almanco  appresso  a  i  semplici,  il

          numero de i quali sappiamo esser grandissimo; e molti sono che godono
          assai più dell’applauso numeroso del popolo, che dell’assenso de i pochi
          non vulgari.

          SAGR. Fermate un poco, Sig. Salviati,, ché mi par di vedere che voi non
          andiate drittamente al vero punto nel vostro parlare; perché questi, che

          tendono le pareti al comune, si sanno anco fare autori dell’invenzioni di
          altri, purché non sieno tanto antiche e fatte pubbliche per le cattedre e



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