Page 91 - La filosofia come esercizio spirituale.
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Molte persone associano la parola "filosofia" a quella materia strana, dal
linguaggio astruso e poco comprensibile, che si occupa di problemi
inestricabili e che si pone domande che non potrà mai risolvere. Di
conseguenza il "filosofo" viene visto come quel personaggio alienato dal
mondo, intento a riflettere sui massimi sistemi, la cui massima aspirazione è
quella di figurare nei talk show televisivi come un pezzo d'arredo dalla
sorprendente capacità di starnazzare come tutti gli altri partecipanti, ma con un
linguaggio un po' più forbito.
Purtroppo è la filosofia stessa che, più o meno volontariamente, è andata a
cacciarsi in questa situazione, a causa di alcuni atteggiamenti predominanti
degli "addetti ai lavori" (perlomeno, di quelli più noti al grande pubblico) che
in parte giustificano tutti questi pregiudizi.
L'opera filosofica (e filologica) di Pierre Hadot è volta proprio a
"purificare" la filosofia da queste "deviazioni dialettiche", che rendono quello
che dovrebbe essere il più importante esercizio di vita un mero esercizio
eristico e sofistico.
E lo fa ripartendo dall'epoca d'oro della filosofia, che coincide proprio con
il suo fiorire: il pensiero antico. Nelle sue opere principali, Esercizi spirituali
e filosofia antica, Che cos'è la filosofia antica? e La filosofia come modo di
vivere, lo storico della filosofia rilegge in un'ottica completamente diversa i
filosofi greci e latini, allontanandosi dalla fossilizzata visione dei manuali
accademici e restituendo ai pensatori classici la vitalità che era loro propria.
La nuova prospettiva di Hadot è tanto semplice quanto geniale: la filosofia,
per i filosofi antichi, non era un'astratta costruzione di sistemi teorici, ma un
modo di vivere. Mentre Platone scriveva i suoi Dialoghi, Aristotele le sue
lezioni per il Liceo, Epicuro le lettere a Meneceo e ai suoi amici, Marco
Aurelio i propri Ricordi, la loro finalità non era quella di formulare un sistema
filosofico astratto, che fossilizzasse in un testo scritto la loro visione generale
del mondo. Essa esisteva, senz'altro, nelle menti di Platone, Aristotele,
Epicuro o Marco Aurelio, ma rimaneva soltanto presupposta alle loro opere
che erano scritti contingenti, legati all'esigenza pratica di trasmettere i propri
insegnamenti a un gruppo di allievi, di alleviare i dolori di un amico, di
riportare le discussioni avvenute durante le lezioni, di meditare costantemente
sui principi fondanti della propria vita. In tutti questi casi la scrittura filosofica
ha un unico fine: quello di trovare uno stile di vita consapevole che permetta