Page 952 - Dizionario di Filosofia
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all’educazione dei futuri reggitori, contiene il celebre mito della caverna*.

          Rg  Veda  (Veda  delle  strofe),  il  più  antico  dei  quattro Veda*,  testi  sacri  del
          brahmanesimo, composti in una forma arcaica di sanscrito (sanscrito vedico), lingua
          di cui costituiscono il primo documento. È costituito da una raccolta di inni (sūkta)
          destinati a essere cantati dai sacerdoti (hotr) durante i riti sacrificali, in numero di

          1.028, con un totale di 10.462 strofe (di versi di 8, 11 o 12 sillabe) e ripartiti in
          modo disuguale in 10 mandala o cicli: i cicli più antichi sono quelli che vanno dal II
          all’VIII, attribuiti dalla tradizione ciascuno a un diverso autore (rsi); il i e il x sono
          più  recenti  e  gli  inni  vi  sono  attribuiti  a  vari  autori.  L’epoca  di  composizione  è
          ignota:  tuttavia  non  è  impossibile  che  alcuni  inni  risalgano  a  un’epoca  anteriore
          all’immigrazione ārya in India, mentre le composizioni più tarde possono riferirsi
          all’VIII sec. a.C. Anche le composizioni più antiche rivelano una consumata sapienza

          letteraria.  Ogni  inno  è  rivolto  a  una  determinata  divinità;  fra  le  lodi  degli  dei
          affiorano peraltro frammenti di antichi rituali, elementi mitologici, cosmologici, ma
          anche spiccatamente filosofici, lirici e persino satirici. L’insieme è giunto sino a noi
          attraverso una scrupolosa tradizione, che fissa le più piccole particolarità del testo
          sacro.  L’importanza  del Rg  Veda dal punto di vista linguistico, storicoreligioso e
          letterario è immensa.

          Ricerca della verità (LA) [De la recherche de la vérité], opera di  Malebranche,
          pubblicata fra il 1674 e il 1675. È divisa in sei parti, le prime cinque delle quali
          trattano delle cause dei nostri errori:
          1. i sensi, che ci sono stati dati solo per la conservazione del corpo e ai quali noi
          chiediamo a torto la verità; 2. l’immaginazione, che interpone i suoi fantasmi fra la

          nostra  attenzione  e  la  verità  dell’idea;  3.  l’intelletto,  che  non  sa  mantenere  tesa
          l’attenzione quanto sarebbe necessario; 4. le inclinazioni, che fanno deviare verso i
          beni particolari la tendenza innata al bene universale; 5. le passioni, che turbano la
          purezza  dell’idea.  Nella  parte  finale  l’autore  sviluppa  la  sua  concezione
          dell’occasionalismo* e la teoria della conoscenza come visione delle cose in Dio.
          L’identificazione  della  filosofia  con  la  teologia  e  l’affermazione  della  superiorità

          dell’intelligenza sulla fede furono attaccate dall’Arnauld e dal Bossuet. L’opera va
          considerata  come  un  ripensamento  del  cartesianismo  alla  luce  di  preoccupazioni
          prevalentemente apologetico-religiose.
          Ricordi  o Pensieri  (Tà  eis  heautón:  Le  cose  [dette]  a  se  stesso),  opera
          dell’imperatore  Marco Aurello  (Roma  121  -  Vindobona  [Vienna]  o  Sirmio  180),

          scritta in greco e pervenutaci divisa in dodici libri. È una raccolta di massime e di
          riflessioni  annotate  di  giorno  in  giorno.  L’opera  non  ha  perciò  nessuna  pretesa
          sistematica e riflette una personale valutazione dei vari casi della vita. fatta con i
          criteri  forniti  dall’etica  cinicostoica.  L’aspetto  più  caratteristico  è  costituito
          dall’alternarsi  di  momenti  pessimistici  e  scettici  con  altri  animati  invece  da  una
          fervida  fede  nella  provvidenza  divina  e  da  una  profonda  compassione  per  le

          sofferenze  degli  uomini.  È  per  quest’ultimo  aspetto  che  Tertulliano  riconobbe  in
          Marco  Aurelio  un’anima  «  naturalmente  cristiana  ».  La  data  di  composizione  è
          incerta, ma è molto probabile che Marco Aurelio abbia redatto questa sorta di diario
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