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tedesca, il socialismo « utopistico » fiorito prevalentemente in Francia, l’economia
politica inglese. Attraverso un potente sforzo di rielaborazione e di sintesi di apporti
tanto disparati egli pervenne alla fondazione del socialismo cosiddetto « scientifico
». Liberatosi dalle « ubbie idealistiche » di derivazione hegeliana e successivamente
dall’inerte materialismo, su cui poggiava l’umanesimo di Feuerbach, Marx sostituì
fin dall’inizio della sua attività rinnovatrice all’idea l’uomo, concepito non come
diafano centro di conoscenza, ma come praxis, polo attivo di una tensione incessante
con la natura e con le forze produttive. Dei rapporti materiali dell’esistenza, che
Hegel aveva indicato, sull’esempio degli scrittori francesi e inglesi del XVIII sec.,
con l’espressione di « società civile », l’economia politica forniva la descrizione
anatomica, mentre il socialismo utopistico pretendeva di essere per parte sua una
diagnosi e una terapia. Solo il metodo dialettico hegeliano, applicato alla realtà
degli uomini legati alla natura e viventi in società, coglie il ritmo e la legge profonda
dello svolgimento storico e fornisce all’azione politica « scientifica » la necessaria
luce teoretica. Su questa linea si sviluppano una concezione generale del mondo, un
metodo di interpretazione della storia e una nuova dottrina economica, costruita
storicizzando le categorie dell’economia politica classica.
La concezione generale del mondo è quella definita come « materialismo dialettico
». Marx criticò il carattere « mistificatorio » della dialettica* hegeliana, che
descriveva solo un riflesso depotenziato e un’immagine astratta del reale movimento
della natura e della storia, e affermò che bisognava « capovolgere » la costruzione
hegeliana, « per scoprire il nocciolo razionale sotto l’involucro mistico ». Il
movimento non trova la sua ragione e il suo principio nell’idea, ma nella tensione
delle forze reali: Hegel ha fatto « camminare la dialettica sulla testa », e il compito
della nuova filosofia è quello di « rimetterla in piedi », A parte questo ribaltamento,
resta vero, almeno sul piano formale, che il processo della realtà si svolge secondo
il ritmo hegeliano di tesi, antitesi e sintesi, e che il movimento si realizza attraverso
una successione di « rivoluzioni » (balzi* o salti qualitativi), rese inevitabili di volta
in volta dalla rottura di equilibrio provocala dall’accumularsi dei mutamenti
quantitativi. Il nuovo equilibrio raggiunto è a sua volta provvisorio ed è destinato a
costituire il punto d’avvio di un’ulteriore contraddizione a livello più elevato.
L’applicazione del metodo dialettico all’interpretazione dei fenomeni naturali, con i
relativi sforzi per dimostrare, ad es., che anche le reazioni chimiche possono essere
riportate allo schema dialettico della « quantità che si converte in qualità », fu un
interesse intellettuale tipico di Engels in una certa fase della sua vita, mentre Marx
preferì esercitare le sue verifiche nel mondo dei rapporti economico-sociali e della
storia. La concezione materialistica della storia, o materialismo storico, può essere
considerata formalmente come l’applicazione a un settore particolare della realtà dei
principi del materialismo dialettico sopra esposti. Ciò che « condiziona il processo
sociale, politico e spirituale della vita » è il modo in cui gli uomini « producono la
loro vita materiale ». Questo li costringe, di epoca in epoca, a « entrare in rapporti
di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle forze
produttive ». Le forze produttive materiali costituiscono la struttura di una data