Page 78 - Storia della filosofia moderna. Da Niccolò Cusano a Galileo Galilei.
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l’esatto contrario: a decidere è il modo in cui è vissuto e come si
è comportato con il prossimo.
Anche Zwingli si scagliò contro il Papa per lo sporco
commercio delle indulgenze. Non era un mistico come Lutero, o
un puritano come Calvino, ma quando vedeva i preti cancellare
i peccati come se niente fosse, anche in cambio di contanti, non
poteva far finta di niente. Un giorno prese a male parole un
certo Samson, un prete che aveva addirittura esposto in chiesa
un listino prezzi.
Nel 1519 in Svizzera scoppiò una terribile pestilenza.
Zwingli, religioso com’era, si dedicò al volontariato. Passò
giorni e notti ad assistere i malati. Scrisse perfino una poesia
intitolata L’inno alla peste, dove, rivolgendosi a Nostro Signore,
diceva: «O Dio misericordioso, decidi tu della mia sorte: se
pensi che per me sia più vantaggioso morire, lasciami morire,
altrimenti salvami». Dio lo salvò.
Si arruolò come cappellano in una delle tante guerre
indette da Giulio II, e rimase sconvolto alla vista dei soldati che
gli morivano intorno. Non faceva a tempo a dare l’estrema
unzione a uno che ce n’era un altro che lo chiamava
disperatamente.
Oltre al fervore religioso, era anche animato da un grande
spirito nazionalistico: lui in pratica tifava per il Zurigo e non
perdeva occasione per dimostrarlo. Ora, bisogna sapere che
all’epoca la Svizzera non era come oggi uno Stato indipendente,
ma un insieme di staterelli, i cosiddetti cantoni, che Lutero
aveva diviso in due schieramenti contrapposti: da una parte
c’erano quelli rimasti fedeli al Papa e dall’altra quelli che
avevano abbracciato le tesi della Riforma. Zwingli si era
schierato con questi ultimi, anche se con alcuni distinguo. Pur
essendo convinto della predestinazione, aveva abolito tutta una
serie di riti, da lui definiti superstiziosi, quali ad esempio i
fioretti, i digiuni e le processioni in onore dei santi. Si dichiarò
contrario al celibato ecclesiastico e, anche per dimostrarlo con i
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