Page 81 - Storia della filosofia moderna. Da Niccolò Cusano a Galileo Galilei.
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gruppo di eletti possa essere di gran lunga più gratificante
dell’ottenere quegli stessi benefici a forza di preghiere e di
buone azioni. Per i protestanti, infatti, la fede in Dio è anche la
fede in se stessi. «Sono uno degli eletti» dice il calvinista, «e
debbo assolutamente comportarmi come tale.»
Qualcosa del genere, credo, accade anche ai giorni nostri
con il calcio: al tifoso piace dichiararsi laziale o romanista, e
questo perché avere in comune un ideale con tante altre persone
gli aumenta la fede. E non basta: secondo la morale calvinista, il
diventare ricchi, magari a spese dei poveri, non è una
dimostrazione di egoismo, ma un segno della benevolenza
divina.
A questo punto non posso fare a meno di chiedermi: vuoi
vedere che anche il capitalismo è stato un’invenzione di
Calvino? Confrontato, infatti, con il luteranesimo, è alquanto
più ottimista nei confronti di Dio e un filino più pessimista nei
confronti dell’uomo.
La città dove questo modo di credere avrebbe finito col
diventare legge fu Ginevra, da Calvino definita «la città di
Dio». All’inizio il nostro pensatore trovò delle forti resistenze
da parte dei politici liberali, o, per dirla con parole sue, dei
«libertini»; poi, una volta preso il potere, nessuno riuscì più a
fermarlo. Nel giro di vent’anni fece fuori quarantotto infedeli
inviandoli tutti al patibolo. Tra questi anche un bravissimo
medico di nome Michele Serveto. Fino all’ultimo minuto al
povero disgraziato venne chiesto di dichiararsi luterano, ma lui
preferì entrare nelle fiamme piuttosto che ammettere di credere
nella predestinazione.
Sotto la «dittatura» calvinista tutti i ginevrini erano
obbligati a frequentare almeno una volta al giorno la chiesa.
Anche i malati erano tenuti a farlo, a eccezione, ovviamente, dei
paralitici. Il gioco d’azzardo, l’ubriachezza e l’adulterio (solo
quello delle donne) erano puniti con il carcere. Bisognava essere
puri, diceva Calvino, anzi puritani! E per verificare che tutti
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