Page 30 - Storia della filosofia moderna. Da Niccolò Cusano a Galileo Galilei.
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V
Girolamo Savonarola
Brutto come la peste, di colorito giallastro, calvo, il viso
rincagnato, il naso deforme, gli zigomi sporgenti e lo sguardo
omicida, era quello che si dice un mostro. Privo di qualsiasi
savoir faire, si avventava come una belva feroce contro
chiunque, a suo giudizio, non avesse rispettato le leggi del
Signore. Se la prese con i cardinali che a suo dire rubavano e
fornicavano, con gli usurai che pretendevano il 30 per cento
d’interesse e con i principi delle corti rinascimentali per le loro
orge a base di sesso e di ubriacature. Si dichiarò contrario a
qualsiasi tipo di divertimento, compresi i dadi, le feste di
Carnevale, la briscola e le corse dei cavalli. Odiava le donne che
si vendevano e gli uomini che le compravano. Avrebbe voluto
che venisse tagliata la lingua ai bestemmiatori e agli
omosessuali. Non gli piacevano la Primavera del Botticelli, Il
ritorno di Ulisse del Pinturicchio e i ritratti del Perugino. Finché
dipingevano immagini sacre gli andava tutto bene, guai, però, se
poco poco si spostavano su altri temi. Perfino il «Quant’è bella
giovinezza…» di Lorenzo il Magnifico gli stava sulle scatole.
Solo lui si sentiva perfetto. Eppure c’era almeno un vizio che gli
si sarebbe potuto addebitare e cioè la totale assenza del Dubbio,
ovvero del primo requisito che ogni individuo onesto
intellettualmente dovrebbe possedere.
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