Page 36 - I templari e il filo segreto di Hiram
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                ripreso nella fuga in Egitto di Gesù Bambino, con le palme da
                dattero che si piegano per offrirgli i frutti).
                       Orfeo era noto per aver partecipato alla mitica spedizione
                degli Argonauti, alla ricerca del Vello d’Oro; e da buon aedo non
                vogava, bensì era il “capovoga” e impartiva il tempo ai rematori
                seduto  a  poppa.  Poi,  durante  una  terribile  tempesta,  calma  gli
                animi a bordo e placa anche le onde con il suo canto. Già durante
                questo  viaggio  si  rivela  iniziato  ai  “Mysteria”  di  Samotracia
                (l’unico  tra  i  partecipanti  alla  spedizione):  approda  sull’isola  e
                convince i compagni a imitarlo, esortando i Cabri, sacerdoti del
                culto,  ad  accoglierli  tra  gli  adepti.  Innumerevoli  sono  le  sue
                imprese  durante  questa  audace  spedizione,  incluso il  suo  canto
                che sovrasta persino quello delle Sirene.
                       Ma  il  nucleo  del suo  mito  è  la  discesa  nell’Erebo, agli
                Inferi.
                       E’ Virgilio a offrirci la versione più completa di questa
                impresa, nel IV libro delle Georgiche.
                       La bellissima Euridice, moglie di Orfeo, fu insidiata da
                un certo Aristeo, gran cacciatore, uomo tanto baldanzoso quanto
                brutale,  che  s’invaghì  di  lei  e  la  rincorse  allo  scopo  di
                raggiungerla,  violarla,  violentarla.  Nella  fuga  Euridice,  che  era
                scalza,  calpestò  una  vipera  nascosta  nell’erba,  ne  ricevette  il
                veleno e morì.
                       Orfeo,  inconsolabile,  osò  scendere  nell’Erebo  a
                supplicare che gli fosse restituita la diletta moglie e con il suo
                canto  non soltanto ammansì i  mostri  infernali  ma  sedusse il  re
                dell’Erebo,  Ade  dal  nome  che  non  si  deve  pronunciare,  e  sua
                moglie  Persefone,  che  ogni  anno,  con  la  bella  stagione,  torna
                sulla terra dalla madre Demetra.
                       Visioni oniriche accompagnarono questo suo viaggio nel
                mondo delle ombre, ben diverso da quello di Odysseo, descritto
                da  Omero:  le  cinquanta  Danaidi  smisero  di  riempire  d’acqua
                l’enorme botte forata che vanamente cercano di colmare, Tantalo
                dimenticò la fame e la sete, il pesante macigno di Sisifo restò in
                bilico; la ruota d’Issone smise di girare…
                       Ottenuta Euridice, a Orfeo fu consentito di tornare sulla
                terra,  nel  mondo  dei  vivi;  ma  a  una  condizione:  non  avrebbe
                dovuto  voltarsi  ad  ammirare  la  diletta  sposa  prima  di  essere
                incappato  nella  luce  del  sole,  ed  essersi  lasciato  alle  spalle
                l’Erebo.




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