Page 35 - I templari e il filo segreto di Hiram
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                       La  vera  virtù,  l’areté,  dei  seguaci  dell’orfismo  non  era
                “atletica – sportiva”, secondo la tradizione classica, ma spirituale
                e filosofica.
                       Gli antichi riti dionisiaci – sciamanici si rifacevano a un
                mito primordiale: il mito di Dioniso-Zagreus, fratello gemello di
                Zeus,  sbranato e  divorato dai Titani, in  seguito inceneriti  dallo
                stesso Zeus. E poiché il genere umano ebbe origine dalle ceneri
                dei  Titani,  la  nostra  natura  è  composta  da  una  parte  malvagia,
                primitiva,  “titanica”  e  da  un’arte  divina:  quella  del  corpo  di
                Dioniso-Zagreus inghiottito dai Titani e rimasto tra le ceneri.
                       In  base  a  quest’ottica  il  culto  orfico  non  soltanto  si
                limitava  a  riconoscere  una  componente  bestiale  e  una
                componente  divina  nell’uomo;  ma  tendeva  a  valorizzare
                quest’ultima  e  scapito  della  malvagità,  della  bestialità,  fino  al
                loro annullamento.
                       In  questo  contesto  l’Orfismo  mirava  al  superamento
                dell’invalicabile ordine del mondo, basato sulla netta separazione
                tra uomini e dei, tipico della cultura classica.
                       La parte di Dioniso-Zagreus insita nell’umanità comporta
                un’anima  immortale  in  tutti  gli  uomini  e  prefigura  attese
                escatologiche, tipiche delle teogonie, con l’aspettativa del ritorno
                del dio, il nuovo Dioniso, che avrebbe portato giustizia e felicità
                nel mondo.
                       Ma  nell’Orfismo  sono  rintracciabili  altri  elementi
                importantissimi.
                       Come  già  accennato,  il  culto  di  Orfeo  si  riferisce  a  un
                uomo, non a un dio, ed è indubbiamente il mito più oscuro e più
                carico di simboli di tutta la mitologia greca.
                       Se  il  padre  di  Orfeo  è  certo:  Eagro,  per  alcuni  una
                divinità fluviale, mentre per altri era il re della Tracia, incerta è la
                madre  giacché  le  versioni  differiscono:  ora  Calliope,  una  delle
                nove Muse; ora Polimnia e ora Menippe.
                       Orfeo  è  il  cantore  per  eccellenza:  musico  e  poeta;
                autentico menestrello dell’antichità. Non solo suona la lira e la
                cetra; ma per molti ne fu l’inventore. Per le altre, invece, apportò
                loro  soltanto  innovazioni  tecniche:  nove  corde,  tante  quante  le
                Muse.
                        Il suo canto e la sua vena poetica ammansivano tanto le
                fiere  quanto  gli  uomini  più  feroci;  addirittura  le  fronde  degli
                alberi si piegavano verso di lui. (Nei Vangeli apocrifi il mito sarà




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