Page 93 - Maschere_Motta
P. 93
gli si dice alla lettera. Se la madre dice a Giufà di tirare la porta dopo che sarà uscito, lui
non interpreterà il tirar la porta come chiudere, ma bensì come il gesto fisico di togliere la
porta dai cardini. Il mondo di Giufà è quindi un mondo molto fisico.
Giufà è per natura figlio dell’ozio, non gli piace faticare, ama stare in giro, è un sincerone.
Si dice: “l’arte di Giufà”, che è il non averne alcuna. Ma nel dialetto siciliano “arti” è
sinonimo di mestiere manuale, o dispregiativamente di artifizio, di inganno.
Tutt’altra l’arte di Giufà: quella - suprema, assoluta - dell’ozio. Ed è proprio l’ozio che
rende Giufà personaggio, ozio che lo inserisce nel contesto di una comunità, di un paese:
lo stolto o il folle di ogni paese siciliano.
Si dice anche: “Giufà, fà l’arti chi tu sà”: e in nome di Giufà, che non ne ha alcuna, viene
elargito il consiglio, prescritta la regola di praticare l’arte che meglio si conosce, il mestiere
“che si ha nelle mani”. Così, almeno viene pronunciata questa proverbiale espressione; che
forse in origine, e ancora ambiguamente, voleva e ancora vuole esortare all’ineffabile arte
dell’ozio.
Giufà è un personaggio della tradizione orale popolare della Sicilia. Nella letteratura
scritta egli compare per la prima volta nell’opera di Giuseppe Pitrè, celebre studioso di
tradizioni popolari e di folclore siciliano tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento,
che ne riprese le storie popolari diffuse in varie parti dell’isola.
Nell’immaginario collettivo così viene rappresentato Giufà, a seconda che si trovi in
Spagna, Sicilia o Medio Oriente.
Molti, soprattutto in Sicilia, i libri per l’infanzia e le farse teatrali con Giufà protagonista.
83