Page 158 - Maschere_Motta
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Tartaglia
M aschera con carattere di vecchio. Più che a
Pantalone è assimilabile al Dottore bolo-
M gnese, con una più accentuata ed esilaran-
te balbuzie, da cui gli deriva il nome.
È personaggio napoletano che, nel secolo XVII, com-
pare prevalentemente nella opera in musica, passando
alla fine del secolo nella tradizione della “improvvisa”.
Caratteristiche la presunzione e l’invadenza, sempre re-
golarmente contraddette, e la funzione in primo luogo
mimica e coreutica.
La più comica delle maschere italiane trae, poco
pietosamente, le ragioni della propria popolarità da due
penosi difetti: l’incapacità di avviare un discorso senza
balbettare, e una eccezionale miopia.
Basta dunque dare la parola a Tartaglia, oppure sottrargli
le lenti per destare un gioco d’equivoci tale da assicurare
per un paio d’ore l’entusiasmo di una platea. Miopia e
balbuzie, per coronare la comicità del personaggio, si
accompagnano, nel fisico, a una pronunciata pinguedine, e
nel carattere a una vera e propria vocazione all’insuccesso.
Ministro del regno di Serendippe, nella favola «I/
Re Cervo» di Carlo Gozzi, Tartaglia otterrà dal mago
Durandarto la formula per trasferire le anime dai morti ai
vivi, sicchè, innamorato della regina, approfitterà di una
battuta di caccia per trasferire il re in un cervo abbattuto,
e assumere a sua volta le auguste sembianze; però,
com’era prevedibile, Tartaglia non soltanto non riuscirà
ad ottenere, così trasformato, i favori della regina, ma,
trasferitosi imprudentemente nelle sembianze di una
cagnetta, finirà strangolato.
L’abito è verde, con calze bianche, il mantello è ancora
verde variegato di giallo, grigio l’ampio cappello. Gozzi lo
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