Page 152 - Maschere_Motta
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Silvia





                                                              iù che una maschera, la giovane amorosa che ha
                                                              assunto volta a volta i nomi di Isabella, Camilla,
                                                    P P Aurelia, Flaminia, può dirsi un carattere che si è
                                                    andato via via adeguando alla moda e agli ideali femminili
                                                    del tempo, sicché le attrici che l’interpretarono, anziché ade-
                                                    guarsi all’imitazione di un tipo, hanno potuto dare sfogo al
                                                    loro estro e alla loro inventiva, anticipando quell’originalità
                                                    di personaggi e di interpretazioni che è alla base del teatro
                                                    moderno.
                                                      In origine, coi nomi di Fiore o Fiorinetta, la giovane amorosa
                                                    era un tipo d’ingenua che trionfava delle avversità e delle
                                                    malizie appunto in forza del proprio candore; una maggior
                                                    compiutezza, che non mancò di lasciar tracce nell’avvenire
                                                    del personaggio, si ebbe con Silvia, nome d’arte dell’attrice
                                                    Rosa Zanetta Besozzi, giunta a Parigi con la sua compagnia
                                                    nel 1716, e che fu interprete insuperata dcl teatro di Marivaux.
                                                      La Besozzi, che recitò ininterrottamente per quarantadue
                                                    anni, senza mai disgiungere ai richiami del talento quelli della
                                                    grazia femminile, riuscì a rendere più acceso e immediato il
                                                    suo personaggio, non mancando di esporlo, pur con grazia
                                                    e misura, a qualche situazione piccante, come ad esempio
                                                    nella commedia «L’amante romanzesco», dove Silvia,
                                                    maritata ma trascurata dallo sposo, abbraccia in uno slancio
                                                    d’entusiasmo la domestica Marinette, che parla degli uomini
                                                    con disinteresse e disgusto e non esita i confessarle che se lei
                                                    fosse un uomo, la sceglierebbe come sposo in quello stesso
                                                    istante. Marinette si inginocchia e confessa, tra le lacrime,
                                                    d’essere Mario, un suo innamorato, travestito da donna per
                                                    poterle restare sempre vicino.
                                                      Elogi a Silvia, come alla donna ideale, sono frequenii nella
                                                    letteratura francese del ‘700; a suo nome restane madrigali
                                                    sonetti, acrostici e dediche in prosa e in rima.

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