Page 147 - Maschere_Motta
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Scaramouche
otevole popolarità ebbe in tutta Europa nel
‘500 e ai primi del ‘600 il carattere del Capitano,
N N erede nelle parole, se non nelle gesta, di quella
tradizione di eroismo individuale che era eccelsa nelle figure
dei paladini, dei crociati e dei condottieri di ventura, e che
l’adozione delle armi da fuoco aveva ormai relegato nella
fantasia popolare, deformandole con l’iperbole e l’ironia.
Da un personaggio napoletano chiamato Scaramuccia,
cioè piccola battaglia, pauroso e millantatore, l’ultimo
e il più comico della serie dei Capitani, i comici italiani
avvicendatisi alla corte di Francia derivarono la figura di
Scaramouche, sedicente signore di contrade mai esistite
sulla carta geografica, nobile non meno di Carlo Magno e
ricco almeno quanto un suo bisavolo di nome Creso, ladro,
poltrone, furfante, amico e rivale di Pulcinella in una gara di
frottole e di ribalderie.
Il primo Scaramouche fu il napoletano Tiberio Fiorilli,
figlio di un capitano di cavalleria, uno dei mimi più
spiritosi e completi che la storia del teatro ricordi. La
sua abilità nel mimare fu messa a profitto a Corte un
giorno in cui la regina era infastidita dai continui lagni
del principino, che aveva allora due anni.
Il Fiorilli ottenne un tale successo che il Delfino, in uno
scoppio di ilarità, gli bagnò il costume. Alcuni anni più tardi,
diventato Re Sole (Luigi XIV) egli pregherà Scaramouche di
mimargli quel loro primo incontro e ne trarrà uno spasso
tale da assicurare all’attore il perpetuo favore della Corte.
Tipica di Scaramouche era l’estrema agilità.
Abbandonato il costume militaresco di cui rimaneva
soltanto la spada, l’attore conservò il colore nero del
costume, liberandosi però della maschera e preferendo
apparire con il volto infarinato.
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