Page 15 - Maschere_Motta
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L’inizio: Atellana







                                                agli studi fatti sulle opere di Livio si capisce che le rappresentazioni teatrali
                                                erano a carattere popolare. Erano scherzi improvvisati e liberi che si rappre-
                                      D sentavano in occasione delle feste campagnole, specialmente in occasione dei
                                      raccolti (Versus fescennini). Gli Etruschi furono i primi a creare la figura dell’attore (histrio-
                                      ne), i Romani la videro e la imitarono.
                                       Dopo diverse sperimentazioni si giunse ad una vera e propria rappresentazione dram-
                                      matica che iniziava con una sfrenata danza al suono del flauto con gli attori che si scam-
                                      biavano battute comiche.
                                       Si arriva così alle “Fabulae”, quelle palliatae, ossia le dotte furono riservate agli Hi- strio-
                                      nes professionisti, mentre le forme popolari tradizionali divennero le note “fabulae atella-
                                      ne”, che presentavano canovacci (tricae) e maschere fisse.
                                       Le Maschere fisse che recitavano nelle “Fabule” erano quattro: Maccus, Bacco, Dossen-
                                      nus, Pappus, più Manducus meno popolare.
                                       I soggetti erano sempre tratti dalle vicende della vita quotidiana. L’Atellana durava poco
                                      e aveva solo lo scopo di far ridere. Nessuno badava ai costumi, gli attori vestivano abiti fat-
                                      ti con gli stracci, si sfidavano, si prendevano a botte ma il mezzo più efficace per far ridere
                                      era la lingua, quella lingua atellana rozza ma colorita e ricca di voci espressive come giochi
                                      fonici, l’omoteleuto, l’allitterazione e l’assonanza.
                                       Erano presenti anche lazzi di ascendenza fescenninica, i “qui pro quo” cari al popolino.
                                       Abbondavano le frasi a doppio senso e i diminuitivi. Gli studiosi hanno dimostrato che a
                                      Roma venivano rappresentate le Atellane.
                                       Alla morte di Silla, le Atellane cominciavano a tramontare e rimasero solo come rivesti-
                                      mento buffesco; anche Cicerone fa riferimento alle Atellane. Da esse presero lo spunto i
                                      mimi e anche le commedie di Plauto subirono le influenze delle atellane perché rappresen-
                                      tavano un teatro popolare e comico.
                                       Più tardi fu Pomponio che fece risorgere le atellane e le elevò al rango del teatro scritto,
                                      ed esse sono ricordate per la loro gestualità e vivacità.
                                       Negli ultimi tempi, analizzando delle statuette di attori (in materiale fittile) che si tro-
                                      vano al museo campano, si è riaffermata l’origine fosca delle fabule; interessante è inoltre
                                      il ritrovamento del Maccus che, oltre al camicione ed al cappello, porta sul viso il segno di
                                      una mezza maschera caratteristica di Pulcinella.


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