Page 13 - Maschere_Motta
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dire Pantalone e il Dottore. Il primo, vecchio, era detto dapprima il Magnifico, in contrap-
posizione alla miserabilità dei servi, e rappresentava il tipo del mercante dedito ai traffici e
ai commerci. Poi assunse definitivamente il nome tipico del mercante veneziano,
Pantalone de’ Bisognosi, accentuando il suo carattere di vecchio avaro e brontolone, al
centro di tutte le burle a causa della sua grettezza e delle sue ridicole velleità amorose.
Anche di questa maschera l’etimologia è incerta: forse bisogna risalire a S. Pantaleone, o
agli antichi mercanti veneziani detti “pianta leoni” (con riferimento al Leone di S. Marco,
che solevasi innalzare nei territori di nuovo acquisto), o ai pantaloni lunghi del costume
originario. La sua figura è caratterizzata da un naso adunco, la barba aguzza e le ciabatte
a punta rialzata, indossa il giustacuore e i pantaloni rossi a maglia, al fianco ha sempre
una borsa colma di monete e in testa una berretta di lana rossa, a volte orlata di nero.
Dalle spalle gli ricade fino ai piedi l’ampia e nera zimarra.
Il secondo vecchio è il Dottore, una maschera in cui si esprimeva la caricatura del pe-
dante. Questa maschera finì con l’identificarsi con il giurista dello studio bolognese e si
chiamò Dottor Graziano o più durevolmente, Dottor Balanzone. Vestiva completamente
di nero: di bianco aveva solo il collarino, i polsini e il fazzoletto pendente dalla cintura. Il
suo aspetto richiama la figura dell’uomo ben nutrito e amante del vino. Si fa derivare il suo
nome dalle “balle” o frottole che gli escono dalla bocca, ma anche da balanza (bilancia),
simbolo della giustizia che egli rappresenterebbe. Hanno molta affinità con il Dottor Ba-
lanzone le maschere del Pedante e del balbuziente Tartaglia.
Oltre ai due servi e ai due vecchi, famosa fu anche la maschera del Capitano, pittoresca
e immaginosa satira del soldato vanaglorioso e donnaiolo. La commedia dell’arte ebbe
due maschere del genere: quella spagnola e quella italiana, donde le molte variazioni ai
nomi dei Capitani: Terremoto, Spaccamonti, Sangre y Fuego, Taglia Cantoni, Metamoros,
Spezzaferro, Rodomonte e, il più celebre di tutti, Capitan Spaventa da Vallinferna. Alla tru-
culenza degli atteggiamenti e al barocchismo sfrenato delle “bravure” s’intonano anche
l’abito, per lo più a strisce colorate con nastri, mantellette e ampi stivali, enormi cappello-
ni piumati e al fianco una lunga spada e diversi pugnali.
Naturalmente, se queste furono le maschere più importanti, altre ne sorsero di tem¬po
in tempo nei paesi diversi, ma la loro fama rimase piuttosto limitata in quanto nella mag-
gioranza dei casi, si trattava di maschere di carattere esclusivamente regionale come: il
Gianduia torinese, lo Stenterello fiorentino, il Meneghino milanese, il Gioppino bergama-
sco, il Rugantino romano e tante altre. Al mondo delle maschere, anche se tali non posso-
no essere considerati, appartengono anche i personaggi degli Innamorati e della Servetta,
che parlano in toscano.
Le maschere principali compaiono nel ‘700 anche nel teatro letterario, e qui è da ri¬cord-
are particolarmente il Goldoni, che come ingentilisce le maschere di Arlecchino e di Bri-
ghella, parimenti riabilita la figura di Pantalone, divenuto un serio e laborioso mercante
ma anche un saggio e comprensivo padre di famiglia. In Carlo Gozzi, invece, le maschere
ricadono nel buffonesco, quand’anche non si riducono a semplici raffigurazioni delle sue
polemiche antilluministiche. Nell’800 le ritroviamo nel teatro popolare e dialettale.
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