Page 137 - Maschere_Motta
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Ragonda
M
olteplici erano i nomi usati per designare le
variazioni del ruolo della fantesca, serva o
M servetta che dir si voglia. Nel variopinto e
chiacchierino stuolo riconosciamo le sembianze delle varie
Coralline, Pasquette, Franceschine, Diamantine, Arlecchi-
ne. Di queste, alcune ebbero lunga esistenza sulle scene te-
atrali reincarnandosi in sempre nuove interpreti, mentre la
maggior parte durò l’effimero tempo della vita dell’attrice
che le aveva create e incarnate. Presente fin dal primo appa-
rire della Commedia dell’Arte, la fantesca offriva il suo brio e
il suo piglio sbrigativo alla trama degli scenari. Donna ormai
matura ed esperta dei fatti della vita, il suo compito e il suo
interesse principale sembravano essere quelli di favorire,
con inganni e sotterfugi, le relazioni amorose, lecite e ille-
cite, della propria padrona. Ed ella stessa non disdegnava di
apparire, così come la vediamo raffigurata in alcune stampe
dell’epoca, in scene alquanto scabrose in compagnia di Zani
o di Arlecchino, anche se bisogna ricordare che nei primi
tempi la parte della fantesca era in molti casi interpretata
da uomini. Il costume col quale appariva in scena era molto
semplice e stilizzato, composto da una lunga sottana sopra
la quale faceva bella mostra un grembiule altrettanto am-
pio. La vita era fortemente segnata da una stretta fascia e
sul capo portava una piccola cuffia. Tutto sommato, un ve-
stito estremamente morigerato e austero rispetto al reale
carattere del personaggio. Con il tempo questo tipo di figu-
ra femminile scomparve per lasciare il posto alla più giovane
servetta: una ragazza ancora immatura e inesperta ma in-
traprendente e spiritosa, che sa già badare a se stessa. Figlia
o, a volte, serva di un locandiere, la servetta veste con mag-
giore ricercatezza della fantesca fino a giungere a gareggia-
re, nel suo periodo di maggiore splendore, in eleganza con i
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