Page 135 - Maschere_Motta
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(galletto) alla accezione di piccolo pulcino. Si tratta, in effetti, di una invenzione della
Commedia dell’Arte le cui fonti vanno ricercate con maggiore pertinenza negli spettacoli
di piazza dei cerretani e dei cavadenti, nella giulleria e nelle improvvisazioni dei buffoni. Il
personaggio, o meglio la Maschera, venne ridotto in termini genericamente canonizzati
da Silvio Fiorillo che, anche se non il creatore, fu il primo grosso interprete pulcinellesco.
Il costume, all’inizio quello solito degli Zanni, con brache e giubbotto abbondanti, è
andato progressivamente modificandosi, fino a quando Antonio Petito vi aggiunse il
cilindro e la redingote per accostarlo al modo di vestire del napoletano medio.
A questo punto anche la parlata si fa diversa: è abbandonato il dialetto maccheronico a
favore di una più comica e comprensibile perversione della lingua.
Dopo il Fiorillo, i più grossi interpreti furono Michelangelo Fracanzani, che introdusse la
Maschera in Francia nel 1685; i molti Cammarano: Vincenzo, Filippo, Giuseppe; il romano
Bartolomeo Cavallucci; Salvatore, Enrico, Antonio Petito; Giuseppe De Martino; in epoca
nostra Ettore Petrolini, Achille Millo, Eduardo De Filippo.
Intorno alla maschera prese vita un tipo di composizione detta “pulcinellata”,
difficilmente definibile sul piano letterario, molto in voga dal ‘600 all’800. Le più note sono
il Viaggio in Parnaso del Cortese (1621), la Colombina del Veruccio (1628), La Lucilla costante
con le ridicolose disfide e prodezze di Pulcinella del Fiorilli (1632). In Francia sembra che
fosse già noto al tempo di Enrico IV; si trova sicuramente nelle scene di imbonimento degli
orvietani ed è protagonista del teatro di marionette di Brioché.
Gli attori italiani ne adattarono le caratteristiche alle esigenze anche fisionomiche dei
francesi e ne fecero il fulcro dei Téâtre à la Foire.
Al presente Pulcinella si trova relegato negli spettacoli dei burattini, sebbene figuri
ancora una volta fra i protagonisti della commedia Il figlio di Pulcinella di Eduardo De
Filippo.
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