Page 99 - Storia della Russia
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matrimoni forzati o troppo precoci, ad esempio, furono vietati ufficialmente, e le donne
        russe,  rispetto  alle  loro  contemporanee  europee,  godettero  di  un  incredibile  potere
        decisionale riguardo alle loro proprietà.

           Le riforme di Pietro trasformarono i timidi mutamenti culturali non ufficiali del XVII
        secolo in un fiume in piena decretato per legge. Le nuove mode e i nuovi usi imposti, in
        effetti, obbligavano i nobili a comportarsi come stranieri nel proprio paese. Ma il nuovo
        regime, se da un lato screditava le usanze tradizionali, dall’altro non comprendeva ogni
        aspetto  della  sfera  privata  e  personale.  Così,  verso  la  fine  del  secolo,  l’élite  cercò  di
        trovare nuovi valori morali e filosofici tali da giustificare il proprio status. Queste novità
        provocarono, però, anche una forte resistenza: la maggior parte della nobiltà, che in casa
        spesso ritornava ai vecchi vestiti moscoviti, non perse completamente il contatto con la
        cultura popolare, circondata com’era dai contadini e dalla vita che si svolgeva sulle sue
        proprietà. L’osservanza religiosa, inoltre, continuò a rappresentare una parte importante

        della loro esistenza. Tuttavia, grazie a educazione e abitudini, nell’arco di una generazione
        i  nobili  si  adattarono  alle  loro  nuove  funzioni  e  al  loro  nuovo  aspetto:  avevano
        interiorizzato  le  norme  pubbliche  e  i  comportamenti  derivati,  di  seconda  mano,  dalla
        cultura europea del tempo.

           La  cultura  e  la  mentalità  dell’élite  russa  del  XVIII  secolo  subì,  dunque,  una  rapida
        evoluzione.  Cento  anni  dopo  il  taglio  della  barba  di  Pietro  nascerà  Aleksandr  Puškin
        (1799-1837), futuro poeta nazionale russo, uno scrittore europeo a tutti gli effetti: colto,
        cosmopolita  e  dandy,  Puškin  era  un  uomo  di  mondo  nel  senso  più  ampio  del  termine.
        Nelle prime fasi, fino a metà del secolo, furono poste le fondamenta. In questo processo di
        acculturazione, il sostegno e la fruizione di cultura da parte dell’élite furono fondamentali,
        sebbene, stranamente, si sappia ancora poco della corte imperiale in quanto istituzione. Il
        mecenatismo  di  Pietro  nei  confronti  della  pittura  e  dell’architettura  incoraggiò  i  talenti
        stranieri  e,  più  tardi,  quelli  russi,  tra  cui  il  ritrattista  Ivan  Nikitin.  Pietro  e  sua  sorella
        Natal’ja  sostennero  anche  i  primi  teatri  pubblici:  più  tardi,  nel  1757,  fu  creata  una
        compagnia  teatrale  di  stato.  Negli  anni  Trenta  del  Settecento  le  compagnie  straniere
        d’opera e ballo, con le loro relative orchestre, divennero ospiti fisse della corte (con costi

        altissimi);  contemporaneamente  (1738),  Anna  fondò  una  scuola  per  cantanti  russi,  allo
        scopo  di  mantenere  viva  la  tradizione  della  musica  corale  indigena.  Questa  fu  anche
        un’epoca di grandi dibattiti sulla lingua e sulle forme letterarie più adatte alla poesia e al
        teatro,  pensate  soprattutto  per  le  feste  a  corte:  nel  1731  l’Accademia  delle  scienze
        pubblicò il primo dizionario e all’interno dell’Accademia fu fondata un’Assemblea russa
        (1735-1741)  per  migliorare  la  lingua  delle  traduzioni,  che  iniziarono  a  proliferare.
        Aleksandr  Sumarokov,  autoproclamatosi  il  «Racine  russo»,  tradusse  l’Art  poétique  di
        Boileau e scrisse versi e drammi neoclassici per esemplificarla. Le istituzioni educative
        vennero  ampliate  e  la  pratica  di  ingaggiare  precettori  privati  stranieri  (notoriamente  di
        qualità davvero disparate) si diffuse tra i nobili di più alto rango. Funzionari statali come il
        direttore delle miniere Vasilij Tatiščev (morto nel 1750) diffusero conoscenze scientifiche
        e ingegneristiche anche in provincia. Tatiščev, che viveva a Ekaterinburg e amministrava

        l’industria  metallurgica  statale  degli  Urali,  si  era  laureato  a  Uppsala  in  Svezia:  fu
        geografo, statistico, naturalista e storico, e mantenne buoni rapporti con l’Accademia delle
        scienze.

           Sebbene l’Università dell’Accademia vivacchiasse, nel 1755 ne fu fondata un’altra a
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