Page 257 - Storia della Russia
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degli  esteri  liberale  Eduard  Ševardnadze  si  dimise,  denunciando  il  pericolo  di  una
        dittatura; nel gennaio del 1991, in seguito agli appelli di non meglio definiti «comitati per
        la  salvezza  nazionale»  filosovietici  in  Lituania  e  in  Lettonia,  truppe  speciali  sovietiche
        occuparono gli edifici del governo di Vilna e di Riga, uccidendo un gran numero di civili
        negli  scontri  con  la  folla;  100.000  dimostranti  protestarono  a  Mosca  e  El’cin  chiese
        pubblicamente a Gorbačëv di dimettersi: le truppe speciali furono richiamate. Una nuova
        ondata di instabilità economica rese ancora più evidenti i pericoli della repressione e di un
        conservatorismo  economico  incompetente.  Gorbačëv  virò  verso  il  centro.  Sperando  di
        disinnescare la questione dell’Unione e delle nazionalità, a marzo indisse un referendum
        sul mantenimento dell’Unione. Sei repubbliche lo boicottarono; in Russia intanto si votava

        anche per istituire l’elezione diretta del presidente. Nelle repubbliche che parteciparono si
        ottenne una vasta maggioranza di consensi e ad aprile cominciarono colloqui, con quanti
        erano disposti ad ascoltare (compreso il rappresentante russo El’cin), per la revisione del
        trattato dell’Unione, vigente dal 1922. Questi dibattiti costituzionali portarono a una bozza
        di  trattato  per  una  nuova,  più  libera  e  «genuinamente  volontaria»,  «Unione  di  stati
        sovrani»; completato il 23 luglio 1991, il testo fu pubblicato il 14 agosto, per poi essere
        firmato ufficialmente da nove repubbliche il 20. Intanto, nelle elezioni dirette per la nuova
        presidenza  della  RSFSR,  nel  giugno  del  1991,  El’cin  ottenne  una  vittoria  schiacciante,
        raggiungendo un’eccezionale posizione politica e morale: era il primo leader russo eletto
        dal popolo. Il vicepresidente era Aleksandr Ruckoj, capo del blocco dei Comunisti per la
        democrazia. Forte del suo trionfo, a luglio El’cin promulgò un decreto che proibiva a ogni
        partito politico di operare sui posti di lavoro: un colpo diretto al partito comunista, che
        aveva proprio lì la sua base organizzativa.
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