Page 38 - Storia dell'inquisizione spagnola
P. 38
sono stati particolarmente duri, utilizzando le osservazioni
fatte da Haim Beinart nella sua introduzione alla
pubblicazione dei processi di Ciudad Real .
16
Si può facilmente immaginare come un tribunale che in un
anno e mezzo sbriga varie centinaia di cause non avesse il
tempo per curare i dettagli né per studiare a fondo ogni
processo. D’altronde, quando il tempo stringeva,
all’approssimarsi degli autodafé, si procedeva per infornate,
liberandosi con una stessa sentenza perfino di quarantadue
persone i cui reati potevano essere più o meno assimilati.
Sistema particolarmente deplorevole in una materia così
delicata e difficile da provare come l’eresia. Beinart nota che
molti furono inviati al rogo solo sulla base di pettegolezzi più
o meno fondati e che gli avvocati difensori rivelarono per
molto tempo una grande timidezza, della quale non si
liberarono che assai tardi, ottenendo allora risultati molto
favorevoli. La tortura, al contrario, sembra sia stata
pochissimo impiegata nel primo periodo, e il suo uso diventa
normale, pur restando raro, solo più avanti. A dispetto
dell’apparente paradosso, ci si permetterà di sostenere che
questo uso più generalizzato è indice di un progresso e di
una garanzia supplementare per l’incriminato: esso rivela da
parte dei giudici un desiderio maggiore di fondare su basi
solide la loro sentenza. Non la si impiegava d’altronde che
nei casi dubbi, sui quali essa permetteva alla corte di farsi
un’opinione. «La tortura serve a rimediare alla mancanza di
prove», sostiene Peña. «Resistervi è anche uno dei mezzi più
efficaci per liberarsi del sospetto di eresia» egli aggiunge e
noi abbiamo potuto verificare su casi precisi la verità di
questa affermazione. È meglio aver salva la vita dopo la
tortura che salire sul rogo senza alcun tormento preliminare.
b) Prudenza e compromessi. Ben presto ci si sforzò di
assicurare uno svolgimento più regolare ai processi. È
sintomatico che già a metà del Cinquecento lo spagnolo Peña
insista sulla necessità di rispettare la legalità delle forme
mentre lo stesso testo di Eymerich, che egli commenta,