Page 184 - Per la difesa dello Spiritismo
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maggiore, visse qualche tempo in Sicilia, alla corte di Dionisio, il
tiranno di Siracusa. Ma egli un giorno cadde in disgrazia, e fu
imprigionato nella caverna-prigione, la quale originariamente era
stata scavata nella roccia per ricavarne pietre.
(A proposito di tale caverna-prigione giova osservare
com’essa, anche oggidì porti il nome di «Orecchio di Dionisio»; e
ciò per le peculiari sue proprietà acustiche, le quali permettono che la
voce si trasmetta a notevole distanza; particolarità di cui si racconta
approfittasse il tiranno Dionisio per sorprendere i discorsi dei
prigionieri).
Lord Balfour così continua: «Ed ora giungo al cuore del
mistero che per tanto tempo aveva resistito a tutte le nostre indagini,
il più famoso dei ditirambi era un poemetto intitolato: “Ciclope e
Galatea”; del quale solo alcuni versi giunsero fino a noi. Era una
sorta di pastorale in cui Filosseno si burlava degli amori del Ciclope
con Galatea; ed era stato scritto per vendicarsi di Dionisio (da lui
raffigurato nel Ciclope), il quale era cieco da un occhio (come si sa, i
ciclopi avevano un occhio solo). Tutto ciò si combina già con uno dei
temi che costituivano il quesito da risolvere, in cui è questione di una
“Satira”.
Ma occorreva spiegare il resto; e finalmente si trovò in un
libro raro di erudizione classica, il quale formava parte della libreria
del defunto professore Verrall, questo paragrafo che si riferisce al
poeta Filosseno:
«La sua amicizia con Dionisio il vecchio fu d’un tratto
troncata, sia per il suo franco criticismo sulle tragedie che
componeva il tiranno, sia in conseguenza dell’amore in lui
germogliato per Galatea, la quale era una bellissima suonatrice di
flauto, nonché la favorita di Dionisio. Un giorno, però, Filosseno
venne liberato dal carcere, e condotto dinanzi al tiranno affinché
pronunciasse il suo giudizio intorno a una poesia di Dionisio. Dopo
averne ascoltata la lettura, il poeta esclamò: “Riportatemi in carcere”.
Nel periodo della sua cattività egli si vendicò scrivendo un famoso
ditirambo intitolato “Ciclope e Galatea”, in cui il poeta rappresentava
sé stesso nel personaggio di Odisseo, il quale per vendicarsi di
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