Page 76 - Fisica per non fisici
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Intanto, i corpuscoli di luce devono essere distinti da una proprietà per la quale,
quando essi urtano la retina, forniscono la sensazione di «rosso», di «arancione», di
«giallo» e così via. Inoltre possiamo anche pensare che, quando la retina è colpita
dai corpuscoli di tutti i colori, essa reagisca generando la sensazione di luce bianca.
Chiamiamo fotoni questi corpuscoli di luce. Così facendo utilizziamo una
terminologia moderna, alla quale si fa riferimento pensando alla natura corpuscolare
della luce.
In termini di corpuscoli si possono descrivere bene i fenomeni luminosi che
osserviamo quotidianamente, come per esempio la riflessione: possiamo immaginare
che, su uno specchio, i fotoni rimbalzino come palle da biliardo che urtano contro
una sponda.
Altrettanto possiamo spiegare bene il fenomeno della rifrazione, secondo il quale
un raggio luminoso cambia direzione di propagazione quando passa da un mezzo
trasparente a un altro.
È attraverso la rifrazione e la riflessione che ci possiamo rendere conto del
funzionamento di una lente d’ingrandimento o di uno specchio di «rimpicciolimento»
messo nei pressi di un incrocio stradale con scarsa visibilità; e di quello di uno
strumento più complicato, come un telescopio o un microscopio.
Ma vorrei parlarvi anche di un altro fenomeno, meno conosciuto, che può essere
bene interpretato in termini di corpuscoli di luce. Il fenomeno in questione è
chiamato effetto fotoelettrico.
Utilizzando una sorgente di luce gialla, facciamo cadere un raggio di luce su una
superficie metallica. Ebbene, con opportune apparecchiature possiamo osservare che
dalla superficie del metallo viene emesso un certo numero di elettroni ogni secondo.
Come ricordiamo dagli studi liceali, gli elettroni sono tra le particelle che
costituiscono gli atomi. Non è difficile immaginare allora che l’urto di ciascun fotone
abbia fatto «schizzare via» un elettrone dal metallo, imprimendogli dunque una certa
velocità: è questo il fenomeno che viene chiamato effetto fotoelettrico.
Cosa si osserva se invece di una si usano due sorgenti di luce identiche? Ebbene, si
osserva un numero doppio di elettroni che lasciano l’oggetto, ogni secondo, sempre
con la stessa velocità di prima.
Utilizziamo adesso luce verde anziché gialla: si ha lo stesso fenomeno di
emissione di elettroni ma questa volta la velocità con la quale fuoriescono gli
elettroni dal metallo è maggiore di quella che si osserva con la luce gialla.
Possiamo andare avanti con l’esperimento e renderci conto che, se inviamo luce
blu anziché verde, otteniamo elettroni ancora più veloci. E così via: più ci spostiamo
dalla parte dei colori che nello spettro solare cadono verso il violetto (e oltre), più