Page 75 - Fisica per non fisici
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Si trova un valore che, nella letteratura scientifica, è sempre indicato con la
lettera c: precisamente, c = 299.792,458 Km/s. Se non ci interessano calcoli molto
precisi possiamo approssimare questo valore a 300.000 Km/s che indica una
velocità veramente enorme rispetto a quelle alle quali siamo comunemente abituati.
Basti pensare che un’astronave diretta verso la Luna viaggia inizialmente a 40.000
Km/h che equivalgono a «soli» undici chilometri al secondo; ben poco rispetto ai
trecentomila della luce.
A questo punto è bene precisare che, quando si parla della velocità c, si intende
quella che misuriamo nel vuoto, come quello presente nello spazio interplanetario.
Nei mezzi materiali, come il vetro, l’aria o l’acqua, la velocità della luce è infatti
inferiore a c. Nell’aria presente in un laboratorio questo decremento è del tutto
trascurabile ma in altri mezzi la velocità della luce può essere anche notevolmente
inferiore a c, pur mantenendosi comunque a valori molto elevati: nel diamante, per
esempio, la luce si propaga a centoventimila chilometri al secondo. Non
occupiamoci però di mezzi materiali; piuttosto ricordiamoci che, a proposito di
velocità della luce, penseremo sempre alla propagazione nel vuoto.
La luce è fatta di corpuscoli?
I primi studi sulla natura della luce e sui meccanismi attraverso i quali avviene la sua
propagazione sono dovuti a Newton che fu un sostenitore dell’ipotesi corpuscolare.
Secondo tale ipotesi, quella che noi comunemente chiamiamo sorgente luminosa,
come il Sole, è un corpo che emette in continuazione un numero grandissimo di
particelle piccolissime che viaggiano nello spazio. Quando queste particelle si
imbattono su un corpo qualsiasi può darsi che esse riescano o meno ad attraversarlo
e diremo che il corpo è rispettivamente trasparente oppure opaco. In particolare, i
corpuscoli possono attraversare il cristallino e colpire la retina, se orientiamo gli
occhi verso il Sole. Possiamo pensare che questi corpuscoli, ricevuti direttamente,
possano danneggiare la retina stessa provocando una reazione fisiologica che il
nostro cervello avverte come un fortissimo abbagliamento.
Se dirigiamo lo sguardo verso un altro oggetto illuminato dal Sole possiamo
pensare che sull’oggetto rimbalzi verso di noi soltanto una parte di questi corpuscoli
che così, in quantità minore, si offrono a una visione normale, senza pericolo.
Un tale modo di descrivere la luce sembra certamente ragionevole. Ma ovviamente
non possiamo accontentarci soltanto di questo. Si tratta di stabilire se, in termini di
corpuscoli di luce, possiamo spiegare tutti i fenomeni luminosi. Solo così possiamo
accettare l’idea newtoniana. Partiamo dunque dall’ipotesi corpuscolare e vediamo (è
proprio il caso di dirlo!) fin dove possiamo arrivare.