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40 Novelle Hans Christian Andersen
Ma il più meraviglioso si era che, mettendo il dito tra mezzo al fumo che usciva dalla
pentola, si poteva sentire all'odore quello che cuoceva su tutti i focolari della città. Altro che la rosa!
Questa sì, ch'era una meraviglia!
Passò di lì la principessa, passeggiando con le damigelle: e quando udì la melodia, si fermò,
e fece il viso ridente, perchè anch'ella sapeva sonare: Ah, mio povero Agostino! Era anzi la sola cosa
che sapesse sonare, ma con un dito solo.
«È la canzone che so anch'io!» esclamò: «Dev'essere un porcaro educato quello lì! Andate e
domandategli quanto costa lo strumento.»
E così una delle dame d'onore dovette correre sino laggiù; ma prima infilò un paio di
zoccoli, per non insudiciarsi le scarpine.
«Quanto vuoi di codesta pentola?» — domandò la dama.
«Voglio dieci baci dalla principessa!» — rispose il porcaro.
«Dio ci scampi e liberi!» — esclamò la dama.
«Ah, per meno non la posso dare!» — dichiarò il porcaro.
«Ebbene, che cosa ha detto?» — domandò la principessa.
«In verità che non posso nemmeno ripeterlo!» — rispose la dama d'onore: «È troppo
orribile.»
«Allora, puoi dirmelo in un orecchio...» — E quella glielo disse all'orecchio.
«Che sgarbato!» — fece la principessa; e si allontanò in fretta. Ma appena ebbe fatto pochi
passi, i bubbolini ricominciarono a sonare così deliziosamente:
Ah, mio povero Agostino,
Tutto è andato, andato, andato!
che la principessa non seppe resistere: — «Senti,» — ordinò: «domandagli se vuole dieci baci dalle
mie dame d'onore.»
«No, grazie!» — disse il guardiano: «Dieci baci dalla principessa, o mi tengo la mia
pentola.»
«Che noioso!» — disse la principessa: «Allora bisogna che vi mettiate all'ingiro a pararmi,
che almeno nessuno abbia a vedere.
E le damigelle le si misero tutte in cerchio d'attorno, tenendo bene allargate le gonne: il
porcaro ebbe i dieci baci; e la principessa, la pentola.
Che bellezza! Tutto il giorno e tutta la sera bisognava che la pentola bollisse. Non c'era
focolare in tutta la città, di cui non si sapesse che vi si cucinava, tanto nella casa del cavaliere,
quanto in quella del calzolaio. Le damigelle ballavano e battevano le mani dalla gioia.
«Sappiamo chi mangerà la zuppa di latte e chi le frittelle, chi la farinata e chi le costolette!
Com'è divertente!»
«Divertentissimo!» — assentì la credenziera capo dell'Impero.
«Sì, ma acqua in bocca, però! Sono o non sono la figliuola dell'Imperatore?»
«Dio guardi! L'Altezza Vostra può fidarsi di noi!» — dissero tutte insieme.
Il guardiano di porci, vale a dire il principe (ma nessuno sapeva, naturalmente, ch'ei fosse
ben altro che un porcaro), non lasciò però passare la giornata senza fabbricare qualche cosa di
nuovo; e fabbricò un sonaglio. Quando lo si agitava, incominciava a snocciolare tutti i valzer, tutte
le polche e tutte le tarantelle che sieno mai state inventate da che mondo è mondo.
«Ma questo è davvero stupendo!» — disse la principessa, quando venne a passare di lì:
«Non ho udito mai meccanismo più meraviglioso. Andate, e domandategli quanto costa questo
strumento. Ma badiamo: baci non ne do più!»
«Domanda cento baci dalla principessa...» — riferì la dama ch'era andata ad informarsene.
«Io dico che quello lì è pazzo!» — e la principessa indispettita tirò innanzi. Ma, fatti pochi
passi appena, si fermò. «Bisogna pur incoraggiare l'arte...» — disse: «Non per nulla son la figliuola
dell'Imperatore! Ditegli che gli darò dieci baci come ieri; e che il resto potrà prenderselo dalle mie
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