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40 Novelle Hans Christian Andersen
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Io udii un giorno queste parole; e mi parve che il bambino, nella sua semplicità, avesse
benissimo definita l'arte di Giovanni Cristiano Andersen, penetrandone proprio l'intima essenza
benefica. Un raggio di sole che entra in una corsìa di ospedale, e dà un tono caldo all'umida
lucentezza del pavimento, e una tinta rosea ai poveri volti sparuti sopra ai guanciali; che porta come
una fragranza di primavera in quell'odorino di acido fenico, e mette un'aureola intorno al capo delle
suore... — in verità che pochi grandi hanno trovato di meglio, per raffigurare, non l'arte
dell'Andersen soltanto, ma ogni vera poesia che scenda ad illuminare le miserie, i dolori, la pietà di
questo basso mondo. Pensai allora che le novelle, un po' liete e un po' tristi com'è un po' lieta e un
po' triste la vita, potevano servire ad altre mamme, per altri bambini; e raccogliendone qui alcune,
mi lasciai guidare nella scelta dall'esperienza della donna vestita di nero e dai gusti del suo piccolo
amico.
Chi lascia la storia come l'ha trovata, dicono gli Inglesi, è ben povero novellatore. Ma io
sarei troppo contenta se, raccontando queste novelle ai bambini italiani, non le avessi sciupate; se
mi fosse riuscito di conservare, anche in parte, la ingenua grazia, la semplicità, la freschezza, il
delicato umorismo dell'originale danese. Ho cercato, sin nella meticolosa punteggiatura, di
preparare un libro da leggere ad alta voce, in famiglia. La lettura fatta insieme con la mamma o con
la sorella maggiore sodisfa, meglio di ogni lezione, un vero bisogno del bambino; quel bisogno di
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simpatia intellettuale, che il povero vecchio fanale della novella conosceva quanto lo Spencer. Il
bambino vuol che anche altri veda e senta quel che più lo colpisce, quel che gli piace di più; e la
mamma lo sa, sin da quando lo tiene in collo ed egli le accosta al viso il balocco od il cantuccio di
pane succiato che ha in mano; sin da quando, in giardino, egli dà le prime incerte corsettine, per
farle vedere la foglia che ha strappata, il sassolino che ha raccattato, e per farle dire ad ogni costo
che è bello. La buona mamma, che trova sempre tempo e voglia per vedere tutto quanto il bambino
vuol farle vedere, e per ascoltare e riascoltare le gesta del suo diletto Pinocchio, sa valersi del più
potente mezzo di educazione di cui le sia dato disporre; sa stabilire un legame d'intima confidenza,
che sarà anche più tardi, e non per il figliuolo soltanto, una grande benedizione.
Se poi, in vece di leggere, le mamme racconteranno — esse, che posseggono l'arte suprema
di adattare ogni minimo particolare al piccolo uditorio, — tanto meglio. La lingua dell'Andersen è
lingua parlata; e per ciò tanto maggiore difficoltà incontrai nel renderla intelligibile ai bambini
d'Italia, per i quali la lingua parlata è quasi sempre il dialetto, ed il nome popolare degli oggetti
domestici più comuni, dei giochi, degli insetti, delle erbe, varia, non da regione a regione soltanto,
ma da borgata a borgata.
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Bisogna che i libri per i bambini sieno belli, ben rilegati, con belle illustrazioni, con caratteri
ben formati. Questo diceva il Fénelon, e questo l'Editore si è studiato di fare. Ma è poi veramente
libro per i bambini?
Le novelle dell'Andersen sono oramai classiche, e l'arte sua non si discute. Pure, quel senso
appunto di giustizia e di aperta verità che la fa somigliare alla luce del sole, quell'intimo senso di
pietà (ed anche la pietà, non è vero? è giustizia, verso chi più soffre), quella bonaria, ma inesorabile
ironia, che svela il lato comico della vita e le sue contraddizioni, ed è pur sempre ancora giustizia,
— tutte queste, che ne son proprio le doti caratteristiche, fecero sì che l'opera dell'Andersen fosse
reputata da alcuni, nei paesi latini specialmente, troppo elevata o troppo profonda per la mente
infantile.
In vero, quando, lui vivo, gli fu eretto in patria un monumento che lo raffigura in atto di
(1) Novella XXXIX del presente volume.
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