Page 117 - Quel che una pianta sa
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QUEL CHE UNA PIANTA RICORDA


             fica l’informazione (forma la memoria)  che qualcosa (non sa
             ancora cosa) ha toccato una delle sue ciglia. Quindi, conserva
             questa informazione per un certo numero di secondi (mante­
             nimento della memoria) e alla fine recupera tale informazione
              (richiamo della memoria) una volta che viene toccata la secon­
             da. Se una minuscola formica ci mette un po’ a passare da una
             delle ciglia a un’altra, nel momento in cui sfiora la seconda, la
             pianta avrà dimenticato il primo contatto. In altre parole, perde
             il mantenimento dell’informazione, non si chiude, e la formica
             può andarsene via felicemente. Ma come fa la pianta a codifi­
             care e a conservare l’informazione del banale contatto dell’in­
             setto con il primo ciglio? Come fa a ricordare il primo contatto
             in modo da reagire al secondo?
                Queste domande hanno sconcertato gli scienziati5 fin dal
             primo studio di John Burdon-Sanderson sulla fisiologia della
             Venere acchiappamosche, nel 1882. Un secolo più tardi, Die-
             ter Hodick e Andreas Sievers all’Università di Bonn,6 in Ger­
             mania, hanno congetturato che l’acchiappamosche conservi
             l’informazione riguardo quante ciglia vengono toccate nella
             carica elettrica della foglia. Nella sua semplicità, il loro model­
             lo è davvero elegante. Nei loro studi i due hanno scoperto che
             toccare una delle ciglia grilletto sulla Venere acchiappamosche
             causa un potenziale di azione elettrico che induce i canali del
             calcio ad aprirsi nella trappola (questo accoppiamento di po­
             tenziali di azione con l’apertura dei canali del calcio è simile ai
             processi che intervengono durante la comunicazione fra neu­
             roni umani), causando un rapido incremento della concentra­
             zione degli ioni calcio.
                Essi hanno proposto che, per scattare, la trappola richieda
             una concentrazione relativamente alta di ioni calcio e che il po­
             tenziale di azione originato dal tocco di un solo ciglio non rag­
             giunga questo livello. Quindi, per spingere la concentrazione
             del calcio oltre questa soglia e far scattare la trappola occorre
             che ne venga stimolato un secondo. La codifica dell’informa­
             zione risiede nell’innalzamento iniziale dei livelli del calcio. La
             conservazione dell’informazione richiede, quindi, il manteni­
             mento di un livello del calcio sufficientemente alto, in modo


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