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Non è più possibile far finta di nulla

          Il revisore barcellonese Josep Cullell è protagonista di una delle analisi più dure:

            È vero, la Prefettura non può permettersi di essere buonista o ingenua ma deve fissare delle priorità e far rispettare il
            Regolamento.  […]  Il  bilancio  infatti  ormai  è  insostenibile,  nel  disordine  più  completo.  Il  Vaticano  è  sempre  stato
                                                                     13
            caratterizzato da una sorta di ambiguità, come nel regno di Taifa,  circa la definizione di una precisa istituzione che
            concentrasse su di sé i poteri, governasse e stabilisse delle priorità, non solo riferibili all’aspetto economico. […]
            Sia a Barcellona che nelle periferie di Roma c’è molta povertà, di cui fanno esperienza anche i bambini, e questo è
            un preoccupante segno di recessione.  Non si può far finta di nulla e continuare a ristrutturare i monumenti.  Non
            credo nei dati che mi sono stati trasmessi.  L’economia reale non potrebbe sopportare questo tipo di situazione.  I
            benefici provenienti dagli investimenti finanziari sono dubbi.
            Ci sono diverse realtà nel Vaticano che presentano aspetti lacunosi: il Governatorato, che un anno fa non ha neanche
            presentato il preventivo; «L’Osservatore Romano»; Radio vaticana, con una perdita che, per un certo tempo, è stata
            coperta da lavori di «ingegneria finanziaria»; lo Ior potrebbe benissimo essere chiuso e sostituito dall’Apsa. Lo Ior ha
            poco da dare e potrebbe essere sostituito da un’altra istituzione. Chiudendo questo istituto potrebbero risolversi molti
            problemi del papa e della Chiesa di Roma.

          Il maltese Joseph Zahra prova così a spingere sull’acceleratore per arrivare alla svolta.

            Dopo un lungo periodo di status quo, è arrivato il tempo di cambiare qualcosa. È come trovarsi a un bivio: occorre
            prendere una decisione.  Il tono da acquisire è quello suggerito dal papa, ossia fermo e coraggioso, e l’obiettivo è
            l’ottenimento di una maggiore trasparenza, integrità e sobrietà. È necessario approfittare del fatto che proprio il papa
            stia dando queste direttive in questo momento. La mentalità non si cambia da un giorno all’altro, ma si può tradurre
            quello che il papa dice in fatti concreti, per raggiungere gradualmente degli obiettivi prefissati.

          Al  termine  dell’incontro,  Zahra,  Messemer,  Cullell,  Kyle  e  Prato  si  metteranno
          d’accordo:  è  essenziale  avvisare  subito  il  papa.  Saranno  proprio  loro  a  firmare  la

          lettera choc al santo padre.
            Cinque giorni dopo, il 23 giugno, entra in scena il cardinale Santos Abril y Castelló,
          spagnolo,  uno  dei  pochi  uomini  di  fiducia  e  amici  di  Francesco.  È  l’arciprete  della
          basilica  papale  di  Santa  Maria  Maggiore,  affascinante  chiesa  dove  proprio  Jorge
          Bergoglio si raccoglieva a pregare nei suoi viaggi a Roma da cardinale. È un porporato

          schivo,  serio  e  corretto.  Lontano  dai  sotterfugi  di  curia.  Ha  progressivamente
          conquistato  la  fiducia  del  santo  padre  segnalando  ammanchi,  anomalie  e  giochi  di
          potere. A iniziare da presunte irregolarità nei lavori di sistemazione della basilica di

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          cui  è  arciprete.   Sarà  proprio  Abril  y  Castelló  a  segnalare  al  papa  gli  allarmi  dei
          revisori. Sono cinque laici, non vogliono essere fraintesi dal santo padre o messi in un
          angolo come troppe volte è accaduto in passato. Stavolta non sarà così, la miccia ormai
          è accesa.



          1  Dalla conferenza stampa di Francesco del 28 luglio 2013.
          2  Degli otto cardinali, solo uno è residente a Roma, il cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato. Gli
          altri  arrivano  dal  Cile  (l’arcivescovo  di  Santiago,  cardinale  Francisco  Javier  Errázuriz  Ossa);  dall’Honduras
          (l’arcivescovo  di  Tegucigalpa,  cardinale  Óscar  Andrés  Rodríguez  Maradiaga);  dagli  Stati  Uniti  (l’arcivescovo  di
          Boston,  cardinale  Sean  Patrick  O’Malley);  dall’India  (l’arcivescovo  di  Bombay,  cardinale  Oswald  Gracias);  dalla
          Germania  (l’arcivescovo  di  Monaco,  cardinale  Reinhard  Marx);  dal  Congo  (l’arcivescovo  di  Kinshasa,  cardinale
          Laurent Monsengwo Pasinya); dall’Australia (l’arcivescovo di Sydney, cardinale George Pell).
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