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Resistenze, sabotaggi e false spie

          Forse Francesco non ipotizzava di scoprire incrostazioni così rilevanti e resistenze così
          tenaci. Del resto, far emergere gli intrecci affaristici non è semplice, nemmeno per il
          papa, monarca assoluto. Difficile raccogliere le prove: in Vaticano nessuno denuncia,

          pochi si fidano e confidano. D’altra parte, la capacità mimetica e soprattutto reattiva di
          questa  perversa  filiera  è  consolidata  e  inquietante.  La  macchina  delle  riforme  di
          Francesco è sempre al centro d’iniziative di disinformazione e veri e propri sabotaggi:

          non solo lettere anonime, furti e velate minacce con il recapito delle missive di Michele
          Sindona, come già raccontato, ma anche autentiche operazioni criminali, come diverse
          intercettazioni illegali.
            Storie  che  periodicamente  emergono  come  fiumi  carsici,  lasciando  la  piccola
          comunità  vaticana  esterrefatta.  L’ultimo  caso  risale  al  marzo  del  2015,  ma  come  al

          solito  nulla  trapela  oltre  le  mura  leonine.  Eppure  c’è  motivo  d’allarme.  Sono  state
          scoperte  delle  microspie  in  alcuni  uffici  della  Prefettura.  Un  sistema  di  cimici  che
          «ignote  manine»  avevano  posto  nell’auto,  nell’ufficio  e  nell’abitazione  di  taluni

          sacerdoti che lì lavorano. Non sono preti e monsignori come tanti altri. Come abbiamo
          visto, la Prefettura è il cuore pulsante dei controlli all’interno del sistema finanziario
          della  Santa  sede.  Allora,  chi  ha  piazzato  quelle  cimici?  E  qual  è  l’obiettivo?  Le
          domande in quelle settimane lasciano attoniti cardinali e monsignori. La notizia arriva
          anche  alla  segreteria  particolare  di  Francesco.  Un  dettaglio  rende  ancora  più

          complicato  questo  giallo:  non  tutte  le  microspie  ritrovate  sono  risultate  funzionanti.
          Alcune sarebbero state dei bluff, in pratica solo dei rudimentali congegni elettronici,
          quasi fossero un messaggio, un avvertimento a chi lavora per il papa.

            A questo punto sorgono spontanee altre domande che rischiano però di rimanere senza
          risposta: perché collocare delle apparecchiature simili a cimici ma inutilizzabili? Forse
          per  lasciare  intendere  che  chi  le  pone  può  accedere  dove  vuole?  Altro  mistero:  la
          Gendarmeria, da quanto si è in grado qui di ricostruire, non è coinvolta nelle indagini.
          Perché? Perché non denunciare questo fatto anche alla polizia interna del piccolo Stato,

          che ha il compito di individuare i responsabili di attività illegali?
            Quesiti che inficiano la fiducia di chi ha scelto di collaborare con Francesco e che
          rendono più cauta la sua azione. Forse non è un caso che tutto il blocco di cardinali

          italiani ritenuto in qualche modo responsabile delle tante criticità emerse negli anni sia
          riuscito  a  resistere  in  questi  mesi.  Molti  sono  stati  rimossi  –  è  vero  –  ma  non  tutti.
          Bertello  resta  al  vertice  del  Governatorato,  Calcagno  guida  l’Apsa  e  Versaldi  ha
          lasciato  la  Prefettura  ma  solo  di  recente,  con  il  nuovo  incarico  di  prefetto  della
          Congregazione per l’educazione cattolica, una delle congregazioni più importanti.

            L’azione di Francesco non è però mai grossolana, la sua strategia è sottile. Il papa
          attende con pazienza che i più facciano un passo indietro per raggiunti limiti di età. Nel
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