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l’autorevolezza del fondatore e Ceo. Si tratta di Eugene A. Ludwig, amico e compagno
di studi dell’ex presidente Bill Clinton, con cui ha collaborato dal 1993 al 1998.
Parecchi dirigenti della società sono stati assunti dopo una lunga gavetta in alcuni enti
federali americani, tanto che le malelingue in Vaticano e i complottisti vedono
Promontory come la longa manus della Cia.
Nella Santa sede non sono mancate le critiche alla potentissima società americana per
scelte giudicate incongruenti. Tra le tante, ricordiamo quelle sollevate da un prelato
rimasto anonimo e intervistato nel giugno del 2015 dal giornalista Paolo Mondani per il
settimanale televisivo Report: «Per essere definiti trasparenti c’è bisogno di un
consulente indipendente che certifica i tuoi conti. Oggi, chi revisiona i conti allo Ior è la
società americana Promontory che viene pagata dallo Ior, pertanto dirà quello che
interessa allo Ior. Tra l’altro, il figlio di de Franssu è stato assunto da Promontory». Si
tratta di Louis Victor de Franssu: dopo aver studiato negli Usa, nella cattolica
University of Notre Dame (Indiana), ha avuto esperienze come stagista a Londra in
Goldman Sachs ed è stato assistente parlamentare alla Camera dei Comuni prima di
approdare a Promontory. Qui si occupa di gestione del rischio e conformità normativa
(regulatory compliance, cioè la conformità delle aziende a norme e regolamenti).
Come se non bastasse, poche settimane dopo è finita sui giornali americani la notizia
che il Department of Financial Services (Dfs) ha messo sotto accusa proprio
Promontory per il presunto ruolo avuto nel trasferimento di fondi all’Iran dalla filiale di
New York della banca inglese Standard Chartered, un fatto avvenuto nel 2011, quando
il paese era sotto embargo. La mossa del Dfs provoca un certo imbarazzo nei sacri
palazzi, vista la quantità di informazioni sensibili vagliate dagli uomini di Promontory
nei loro controlli allo Ior. Nell’estate del 2015 viene così disposto un controllo a
tappeto di tutte le consulenze ancora operative con le varie società di revisione per
interrompere quelle non insostituibili.
Un altro fronte tuttora aperto riguarda lo Ior. In questo libro ne abbiamo solo
accennato perché non era oggetto dell’ampia inchiesta condotta dalla commissione
Cosea sulla quale ci siamo concentrati. La banca vaticana costituisce ancora oggi un
mondo per certi versi impenetrabile. Certo, non si può dire che lo Ior sia un’entità
pressoché ignota come nei pontificati di Wojtyla – quando nemmeno presentava un
bilancio e i suoi clienti riciclavano il denaro di tangenti – e di Benedetto XVI, ma la
banca del Vaticano è ancora lontana dall’essere considerata affidabile. Gli organi di
controllo internazionali hanno espresso pareri positivi sui sistemi di trasparenza
introdotti, ma Francesco nutre perplessità profonde. Non si è ancora intervenuti in
maniera netta sulla struttura interna. Diversi funzionari e dirigenti della vecchia guardia
hanno mantenuto posizioni di rilievo. E si teme quanto accaduto con l’ex presidente
Gotti Tedeschi: le malversazioni continuavano senza che il vertice sapesse nulla.