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Divide et impera

          Sarebbe però semplicistico e fuorviante ridurre tutto a una divisione tra due mondi: da
          una parte Francesco con Pell, Zahra e de Franssu, dal luglio 2014 numero uno dello Ior,
          che cercano di portare avanti le riforme, dall’altra la curia «italiana» che ostacola e

          resiste.  La  situazione  è  ben  più  complessa  e  anche  compromessa.  L’esempio  più
          evidente è forse dato dal Vatican Asset Management (Vam), il progetto portato avanti
          proprio da de Franssu per valorizzare i beni del Vaticano.

            Il  Vam  ha  avuto  fondamentalmente  due  versioni.  Nella  prima  il  progetto  intendeva
          raccogliere tutto il patrimonio immobiliare del Vaticano costituendo una sorta di Fondo
          sovrano. Poi venne proposto per gestire parte degli investimenti dello Ior in una Sicav,
          un  fondo  d’investimento  a  capitale  variabile  in  Lussemburgo.  Su  questo  piano  de
          Franssu si era speso molto, come consigliere di Cosea, già nel gennaio del 2014, con

          l’obiettivo di imbastire alleanze. Numerose quindi le cene e le riunioni con monsignor
          Wells della segreteria di Stato e con Ernest von Freyberg, all’epoca al vertice dello
          Ior.  De  Franssu  trovò  la  collaborazione  di  Zahra,  che  conosceva  da  quando  insieme

          lavoravano per la Misco, la società maltese dello stesso presidente della commissione
          Cosea,  creata  per  incentivare  gli  investimenti  italiani  nella  piccola  isola  del
          Mediterraneo. Cosea condivide così la battaglia e de Franssu porta il progetto del Vam
          al  vaglio  del board  dello  Ior,  presieduto  dal  cardinale  Santos Abril  y  Castelló,  che
          però boccia l’idea. Il progetto è di quelli che de Franssu ritiene fondamentali per il suo

          avvenire, tanto che il manager non arretra, anzi, decide di coinvolgere direttamente il
          pontefice.
            Il Vam finisce così sulla scrivania del papa che però, a fine maggio 2015, lo boccia e

          conferma la scelta dell’amico cardinale. Il santo padre non vuole mettere troppo potere
          nelle  mani  di  poche  persone. Divide  et  impera  dicevano  i  latini  nell’antica  Roma  e
          ancora oggi l’espressione è assai attuale: dividi il potere tra i sottoposti e comanda. Tra
          l’altro, nel 2015, la fiducia in de Franssu cala mese dopo mese. Non tanto perché solo
          due anni prima lo stesso Bertone aveva indicato proprio lui come candidato alla guida

          dello Ior, per sostituire Ettore Gotti Tedeschi, quanto per le informazioni che arrivano a
          Santa Marta, come quelle contenute in un dossier ricco di dettagli portato a conoscenza
          del papa nel giugno del 2014 sui rapporti tra de Franssu e Zahra, e tra quest’ultimo e lo

          studio Vermiglio di Messina, per il quale lavora il nuovo referente del Consiglio per
          l’economia. Rapporti assolutamente trasparenti e legittimi ma che hanno fatto riflettere
          il papa sul rischio di porre troppo potere in mano ai laici.
            Un’altra spina nel fianco è poi rappresentata dalle società di revisione interpellate nel
          2013  e  nel  2014  per  disegnare  la  nuova  struttura  della  curia.  Tra  queste,  alla

          statunitense  Promontory  sono  andati  alcuni  tra  gli  incarichi  più  delicati,  tra  cui  il
          controllo  dei  conti  dello  Ior.  Promontory  doveva  essere  una  garanzia,  vista
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